Valle d’Aosta, export a rischio con la chiusura del tunnel
I dati Istat del primo trimestre 2023 mostrano un calo tendenziale di oltre 10 punti. I lavori al traforo potrebbero creare danni strutturali alle imprese, appesantiti anche dal blocco del Freju
di Carlo Andrea Finotto
3' di lettura
Nei primi tre mesi dell’anno le esportazioni manifatturiere della Valle d’Aosta hanno subito una contrazione pari quasi all’11% rispetto allo stesso periodo del 2022. Sulla base degli ultimi dati Istat disponibili con dettaglio regionale, si tratta di circa 26 milioni di euro in meno, per la maggior parte (circa 14 milioni) imputabili al settore della metallurgia. Le altre voci che hanno subito una riduzione consistente sono quelle dei macchinari (macchine utensili) e dei prodotti legati ai mezzi di trasporto.
Tra gennaio e marzo 2023, complessivamente, le imprese valdostane hanno spedito oltre confine merci per quasi 211 milioni di euro (oltre 236 milioni nello stesso periodo dello scorso anno) e la maggior parte di queste esportazioni sono transitate attraverso il tunnel del Monte Bianco. Non è quindi una prospettiva rassicurante per il sistema economico locale sapere che al rientro delle ferie, tra pochi giorni, proprio il traforo chiuderà i battenti per quattro mesi: sarà la prima di una lunga serie di chiusure per lavori di ristrutturazione sull’opera inaugurata nel 1965.
Come è facile immaginare dal contesto geografico, i principali mercati di destinazione dell’export valdostano sono quello francese, svizzero e tedesco. Secondo i dati del recente Annuario statistico della Regione Valle d’Aosta, nel 2022, a fronte di esportazioni totali per poco meno di un miliardo di euro, il 20,3% ha avuto come destinazione la Francia, il 19,7% la Svizzera e il 14,8% la Germania: oltre la metà del totale, quindi. Poche cifre sufficienti, se non fosse già abbastanza intuitivo, a spiegare la valenza strategica di una direttrice lungo la quale transitano, ovviamente, non solo le merci prodotte in Valle d’Aosta ma anche una parte di quelle trasferite all’estero su gomma dal Nordovest e dal resto del Nord Italia.
Il cronoprogramma dei lavori prevede chiusure di circa 4 mesi all’anno per 18 anni (come se il tunnel restasse chiuso per 6 anni filati), il che rende il disagio e i maggiori costi per le imprese praticamente strutturali, come è stato sottolineato a più riprese dal mondo produttivo: Confindustria nazionale, regionale e altre associazioni di categoria, dal commercio all’artigianato. Per le imprese del territorio, ha ricordato di recente il presidente di Confindustria Valle d’Aosta, Francesco Turcato, dover scegliere percorsi alternativi può significare «trasporti delle merci più cari del 25% rispetto ai nostri concorrenti europei».
Del resto, parlano chiaro anche i risultati dell’ultima indagine previsionale di Confindustria Valle d’Aosta e relativa al terzo trimestre dell’anno. A fronte di un generale ottimismo, in aumento, tra le imprese intervistate, «l’unico dato in leggera controtendenza è quello relativo all’export, condizionato soprattutto dalle incertezze sui mercati tedesco e francese, che sono i primi partner dell’Italia, ma anche dall’imminente chiusura del traforo del Monte Bianco. Il dato qui passa da un +23,08% di ottimisti del trimestre precedente a un +18,52% dell’attuale».
Proprio in occasione dell’ultima assemblea di Confindustria Valle d’Aosta, il tema delle infrastrutture è stato al centro del dibattito. Basti pensare che dal traforo transita il 3,5% circa del traffico di autoveicoli e moto che attraversa le alpi (da Tarvisio a Ventimiglia) e il 5,4% di quello di mezzi pesanti. Nel 2022 si sono registrati poco meno di 562mila mezzi pesanti, pari a un traffico giornaliero medio annuale di 1.539 camion e tir. Nei primi sei mesi del 2023 il traffico pesante ha contato oltre 311mila mezzi in transito nelle due direzioni.
In un recente convegno di Confindustria Piemonte che si è svolto a Courmayeur e dedicato a “Edilizia, Mobilità e Sviluppo nel Nord Ovest”, si è sottolineato che «la conseguenza della chiusura del tunnel del Monte Bianco sarà che buona parte del traffico verso Francia e Svizzera si trasferirà sulle strade a autostrade del Piemonte, in particolare sul Tunnel del Frejus» per la direttrice transalpina. Sempre che non intervengano imprevisti sulle direttrici alternative, innescando una vera emergenza logistica.
Nei mesi e nelle settimane precedenti la pausa estiva il tema della chiusura del tunnel del Monte Bianco è stato portato all’attenzione della politica nazionale, con il contesto produttivo del Nordovest – e anche nazionale – favorevole all’opzione del raddoppio. Tuttavia questa prospettiva - realisticamente percorribile - e che ha trovato ascolto nell’esecutivo - si scontra con la contrarietà delle amministrazioni transalpine. E a pesare c’è anche il quadro prospettico europeo, con l’Unione che punta a a ridurre della metà il transito di mezzi pesanti dal Monte Bianco entro il 2050, scendendo quindi dagli attuali 600mila scarsi a circa 300mila annui.
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