banche centrali

Valute digitali contro l’evasione

di Marcello Minenna

6' di lettura

L'ammontare della moneta cartacea circolante nelle principali aree valutarie del mondo è intorno al 10% del controvalore complessivo degli aggregati monetari standard (M3). Il resto è frutto di un processo moltiplicativo in cui il sistema bancario e finanziario ha un ruolo centrale (la Figura 1 delinea il quadro nell'area Euro).

AREA EURO

Base monetaria ed aggregati. Dati in milioni di euro (Fonte: Banca Centrale Europea)

AREA EURO

La moneta circolante rappresenta de facto un rapporto diretto tra utente finale e banca centrale eppure il suo uso non è tracciabile. Senza perdite di generalità si può dire - prendendo a prestito la terminologia digitale - che la moneta circolante sia “cripto”. Non è infatti noto alla banca centrale o alle istituzioni di controllo - a meno di incappare nella disciplina sull'antiriciclaggio – quello che facciamo con il contante nel nostro portafoglio.

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Esattamente come avviene quando usciamo dal sistema bancario per spostarci su cripto-valute o, più in generale, su cripto-assets. La registrazione dell'operatività è sulla blockchain – un libro mastro crittografato con scritture contabili indelebili come lo ha brillantemente definito Salvatore Rossi – ma senza la possibilità di una sua ricostruzione a ritroso se non per il titolare. Cercare di rintracciare un'operatività in cripto-assets è come cercare il contenuto di una cassetta di sicurezza senza conoscere la banca, l'indirizzo, il numero e senza avere la chiave. Ci si può provare, con l'aiuto di metodi statistici ed una buona dose di fortuna, ma non su larga scala.

Nel mondo reale la caratteristica “cripto” della moneta circolante ha portato ad esempio a discutere sull'esigenza concreta di una banconota da 500 € - visto il rischio di supporto ad attività illecite - arrivando infine alla recente decisione di discontinuarne la stampa.

Nel mondo digitale si sono susseguiti una serie di provvedimenti regolamentari delle Autorità andati per ora in failure. Il Tesoro americano – seguito da altri Paesi – ha stabilito la tassazione delle plusvalenze sugli utili di cripto-assets detenuti su exchanges (ma non su wallet privati), ma senza ottenere gettito significativo. Le autorità monetarie cinesi hanno stabilito il blocco dell'operatività banche vs cripto-assets al fine di controllare la fuga di capitali che avveniva attraverso questo canale e che disturbava il controllo dei livelli di cambio tra yuan e dollaro; anche qui senza conseguire grandi risultati.

La quasi completa non tracciabilità delle transazioni rende simili iniziative di scarsa efficacia a meno che il titolare dell'operatività non decida spontaneamente di sottoporvisi. Ma il tema non è ovviamente la tecnologia, cioè l'uso di un registro digitale decentralizzato, bensì l'ingegneria digitale della valuta che è costruita per essere “cripto”. In altri termini nulla vieterebbe di avere una valuta digitale non cripto che permetta di tracciare il suo uso in maniera indelebile e con perfetta ricostruibilità a ritroso. Insomma questa tecnologia farebbe avverare la chimera di chi vuole combattere l'economia sommersa. I banchieri centrali ne stanno discutendo come testimoniato da recenti research paper della Banca Centrale Europea, Banca dei Regolamenti Internazionali e Fondo Monetario Internazionale e dalla recente dichiarazione di Christine Lagarde: “La valuta digitale della Banca centrale sta diventando realtà” (“Central Bank digital currency is coming alive”)

È evidente che serve un cambio drastico di impostazione nell'approccio a queste nuove tecnologie. A partire dall'inquadramento: si tratta di valuta o di semplice asset finanziario? Non è certamente senza risolvere questo dilemma giuridico che si può regolamentare il fenomeno soprattutto nel momento in cui Facebook mette in cantiere la sua cripto-valuta globale: Libra. L'approccio attendista delle autorità monetarie e fiscali ha infatti avuto solo il “pregio” di ritardare l'ingresso del capitale finanziario istituzionale (cioè di soggetti vigilati) in queste tecnologie, data la difficoltà di un inquadramento contabile nei propri bilanci nonostante un interesse crescente. Non è un caso che i partner di Facebook siano i big dei pagamenti digitali tramite carta di credito.

Tagliare fuori il mondo dei soggetti vigilati non ha quindi significato rallentare o bloccare l'uso di cripto-assets ma solo perdere il controllo del fenomeno e della sua diffusione.

A mio avviso il principale motivo per cui non si è voluto affrontare il fenomeno è stato il timore di modificare radicalmente la morfologia del sistema finanziario. L'effetto destabilizzante più immediato derivante dall'adozione di una valuta digitale regolamentata riguarda le banche, che verrebbero disintermediate così da dover cambiare il loro modello di business. Da raccogliere denaro in via generalizzata con i conti correnti per reinvestirlo moltiplicandone il valore, gli intermediari dovrebbero specializzarsi in una prospettiva di raccolta del capitale per investimenti selezionati in base alla rischiosità ed alla capacità di remunerare effettivamente il capitale (c.d. risk seeking). Ed anche l'operatività di fondi e assicurazioni non sarebbe priva di rilevanti modifiche in quanto buona parte dei servizi offerti oggi potrebbe essere intermediata digitalmente.

Con Libra in fase di progettazione, serve un cambio di passo con un atteggiamento proattivo di Stati e banchieri centrali.

Pensare a divieti o regolamentazioni restrittive delle iniziative private, magari solo su base nazionale, è anacronistico e di dubbia efficacia. Piuttosto occorre muovere il primo passo su quel 10% di contante “cripto” in circolazione e trasformarne in maniera graduale una parte in valuta digitale trasparente di Stato o di banca centrale (non necessariamente attraverso la blockchain) come proposi già ad aprile del 2018. Ad esempio, i cittadini dell'Eurozona potrebbero utilizzare un portafoglio digitale (wallet) con e-euro gestibili attraverso il proprio smartphone senza dover necessariamente avere un conto corrente bancario; l'uso degli e-euro sarebbe tracciato e si conoscerebbe il dettaglio di ogni transazione esattamente come sull'estratto conto di una carta di credito.

I vantaggi sarebbero numerosi

IL CONFRONTO

Proprietà della valuta digitale di banca centrale rispetto a banconote e depositi bancari

IL CONFRONTO

Il primo riguarderebbe il contrasto all'economia sommersa. Come direbbe l'inventore Francesco De Vecchi: quando piove dal nulla appaiono come in un film di John Carpenter venditori abusivi per vendere ombrelli – sintomo di un'economia sommersa ingestibile dalle autorità – che scompaiono nello stesso modo appena riappare il sereno. Questi venditori abusivi andrebbero fuori mercato non potendo accettare la valuta digitale. Si metterebbe così in trasparenza una parte del sommerso che oggi regna grazie al mondo della valuta cartacea.

Si aumenterebbe la governance del processo di trasmissione della politica monetaria tramite la distribuzione digitale della moneta ex-cartacea, gradualmente, senza entrare in maniera invasiva nel funzionamento del sistema finanziario. Si darebbe così al sistema il tempo di evolvere e si chiarirebbe finalmente il dilemma sulla natura giuridica di questi oggetti digitali. Come conseguenza diverrebbero strumenti finanziari a tutti gli effetti le tipologie di derivati che già ora consentono a vario titolo di scommettere sull'andamento del valore delle valute digitali.

Si farebbe insomma un po' di chiarezza e di ordine e si darebbe soprattutto un'alternativa istituzionale e trasparente ai potenziali utenti delle cripto-valute. È chiaro che se poi l'utente finale preferisse operare con modalità “cripto” sarebbe una scelta consapevole e non obbligata dalla mancanza di un'offerta alternativa a cura delle autorità monetarie e degli Stati.

In mancanza di una soluzione digitale da parte della Banca Centrale di un'area valutaria, qualsiasi altra Banca Centrale di un'altra area potrebbe intervenire (in regime convenzionale di accordo) attraverso l'uso delle riserve di valuta estera e/o con swap di liquidità. In altri termini ad esempio la BCE potrebbe offrire e-dollari così come la FED potrebbe offrire e-euro. Basterebbe quindi che un'Autorità monetaria facesse il primo passo (first mover). Peraltro non è detto che il first mover debba essere una banca centrale: nulla vieterebbe che fosse uno Stato membro dell'Eurozona, digitalizzando ad esempio la moneta metallica di cui controlla il conio in base agli accordi con la BCE. Anche in questo caso (in regime convenzionale di accordo) lo Stato membro in questione potrebbe offrire il servizio di moneta digitale a tutti i residenti dell'Eurozona e magari in prospettiva anche al di fuori di questi confini.

Una decisione da non sottovalutare in termini di impatti positivi sulla lotta al sommerso ed all'evasione fiscale ed anche nella prospettiva di un migliore utilizzo delle monete di taglio inferiore sia in termini di costo del conio che di dispersione d'uso. Si pensi ad esempio alla possibilità di caricare il proprio wallet con le monete da 1, 2 o 5 centesimi.

Sarebbe poi auspicabile che al first mover seguisse un maggiore coordinamento tra le banche centrali magari utilizzando inizialmente come garanzia gli SDR (Special Drawing Rights) del Fondo Monetario Internazionale e cioè quella valuta di riserva planetaria - fatta per il 42% da dollari, il 31% da euro, l'11% da Yuan, l'8% da Yen e l'8% da Sterline - il cui sviluppo non è mai decollato anche per la difficoltà di una sua circolazione mondiale (world wide). Oggi gli SDR sono infatti usati per gestire aspetti marginali come i pagamenti relativi a diritti risarcitori nell'ambito di alcune convenzioni internazionali, relative ad esempio al trasporto aereo o marittimo.

In definitiva la tecnologia blockchain e le valute digitali che oggi vengono viste come un rischio potrebbero essere un'opportunità per rilanciare la migrazione dell'architettura monetaria degli SDR verso il Bancor di John Maynard Keynes. Come il Bancor, si tratterebbe di una valuta globale e quindi in grado di ripianare efficacemente gli squilibri delle bilance dei pagamenti con semplici regole sulla gestione dei saldi in surplus e in deficit dei vari Stati. Diversamente dal Bancor tuttavia sarebbe digitale, trasparente e tracciabile sino al dettaglio di ogni singola operazione.

Insomma dopo la rivoluzione del World Wide Web avremmo un nuovo sistema monetario globale: il World Wide Digital Coin. Con buona pace di Gresham (e della sua legge: “la moneta cattiva scaccia quella buona”) siamo sicuri che a questo punto Libra possa rappresentare un problema?

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