Valute digitali: i dubbi delle banche centrali
La chiave di volta: un sistema di pagamento integrato su dispositivi mobili
di Marcello Minenna
I punti chiave
8' di lettura
In questo periodo agitato per l'economia mondiale, sembra stia arrivando il momento di una riflessione anche per quanto concerne la ricerca e lo sviluppo delle valute digitali di banca centrale (Central Bank Digital Currency – CBDC). Dopo un'esplosione di nuovi progetti di ricerca e prototipi nel corso del 2021, da diversi mesi si osserva un chiaro stallo del trend globale di avvicinamento alle valute virtuali (vedi Figura 1).
In parte questo rallentamento nella corsa allo sviluppo di valute digitali era atteso: oltre il 90% delle banche centrali mondiali è ora impegnato in progetti di studio (70% circa) o in test-pilota (10%) più o meno ampi sulla popolazione, ai fini di un utilizzo quotidiano negli acquisti elettronici di piccola entità, nel trasporto pubblico e nell'interazione con la pubblica amministrazione.
Ci vorrà tempo per avere dei feedback affidabili. Soltanto un progetto risulta effettivamente in fase di lancio e riguarda il piccolo paradiso fiscale delle Bahamas, non proprio rappresentativo del resto dell'economia globale.
La Banca Centrale Europea (BCE) è a metà del guado nella fase di esplorazione, che si concluderà ad ottobre 2023 con una decisione sull'eventuale sviluppo di un prototipo di euro digitale. La Federal Reserve (FED) è ancora più indietro nella tabella di marcia, avendo avviato soltanto da pochi mesi lavori di ricognizione ad ampissimo spettro sul dollaro digitale, focalizzati più che altro sulle tecnologie sottostanti. Poche notizie filtrano dalla Bank of Japan, dove prevale un generale scetticismo sulla validità dell'idea stessa di valuta digitale.
Inoltre il grande crash del mercato delle cripto-valute a metà 2022 ha colpito diversi progetti di dollaro digitale di natura privata, le c.d. stablecoin (in primis la stablecoin algoritmica Terra-Luna il cui fallimento ha bruciato 50 miliardi di $ degli utenti), evidenziando i rischi associati alla mancanza di una garanzia solida da parte di governi e banche centrali.
In questo quadro generale, i primi dati in arrivo dai Paesi con test avanzati in corso (Cina, Nigeria, isole caraibiche) lasciano intravedere un generale raffreddamento dell'interesse degli utenti dopo un breve entusiasmo iniziale, con un rallentamento del numero di transazioni effettuate ed un ammontare medio delle stesse che è rimasto piuttosto basso.
È abbastanza per attirare l'attenzione delle grandi banche centrali impegnate in progetti vasti e di lungo periodo, come la FED e la BCE: forse c'è qualcosa da ripensare nel design delle CBDC su cui si è stabilito un consensus implicito tra gli sviluppatori.
Il timore di disintermediazione dei depositi bancari tradizionali
In linea teorica una valuta digitale può avvicinarsi alla non tracciabilità del contante solo se assume la forma di un token, come una cripto-valuta classica quale Bitcoin accessibile da un account dell’utente possibilmente non verificato, oppure attraverso una carta di pagamento anonima acquistabile negli esercizi commerciali o online. Ipotizzando una progettazione completamente opposta rispetto ai token anonimi, un conto (wallet) presso la banca centrale per ogni cittadino, attivabile solo attraverso l’utilizzo di documenti ufficiali, replica (e teoricamente supera) la sicurezza e la tracciabilità dei depositi bancari.
Alle autorità monetarie non è sfuggito che un design della CBDC molto simile a un deposito bancario costringerebbe le banche ad aumentare i tassi di interesse sui depositi per rimanere concorrenziali. Inoltre una CBDC che fosse perfettamente intercambiabile con i depositi bancari a vista renderebbe il fenomeno della corsa agli sportelli immediato e preoccupante, in quanto il risparmiatore avrebbe la possibilità di un trasferimento istantaneo della liquidità verso la banca centrale al minimo accenno di stress su singoli istituti o su tutto il sistema bancario.
Non stupisce dunque che i prototipi in fase di test in diversi Paesi implementino dei limiti rigidi alla quantità di valuta digitale detenibile ed escludano la possibilità di remunerare con interessi le giacenze di CBDC. Anche la BCE si è mostrata favorevole ad adottare queste limitazioni, non escludendo la possibilità di applicare anche tassi negativi (cioè dei costi di detenzione) oltre una certa soglia di depositi di valuta digitale per scoraggiarne la tesaurizzazione a discapito dei depositi bancari.
Addirittura il board BCE ha esplicitamente approvato in largo anticipo il criterio della c.d. waterfall, con cui qualsiasi quantità di valuta digitale che affluisca sui wallet degli utenti ed ecceda i limiti previsti sia convertita automaticamente in depositi bancari su un conto corrente tradizionale associato.
Inoltre la quasi totalità dei progetti in corso prevede un coinvolgimento del sistema bancario nella gestione dei wallet e nella distribuzione dei token digitali al pubblico, al fine di evitare un'aperta ostilità delle banche che potrebbe compromettere l'adozione su larga scala del nuovo strumento.
Tutto bene quindi? Insomma. I sondaggi più recenti hanno mostrato come gli utenti siano massimamente sensibili a variazioni dei costi di transazione e che tendano a paragonare il nuovo strumento di pagamento al contante, che nel quotidiano ha costi di transazione nulli, piuttosto che ai depositi bancari.
Nell'esperienza storica, l'imposizione di costi di transazione (inizialmente non previsti) ha portato negli anni '90 al fallimento dell'esperimento di Avant, una valuta digitale tecnologicamente all'avanguardia introdotta dalla banca centrale finlandese. Il pubblico percepì il nuovo strumento come equivalente ad una tradizionale carta di credito, ignorando il beneficio aggiuntivo di avere la garanzia esplicita della banca centrale.
Il problema della privacy è ancora sottovalutato
Il profilo di privacy dei prototipi in fase di test è ancora inadeguato, nonostante si tratti di un elemento fondamentale richiesto dagli utenti di ogni nazionalità. Secondo i risultati della consultazione pubblica del 2020 sull'euro digitale, la principale caratteristica che dovrebbe avere il nuovo strumento di pagamento è una privacy (41%) di livello elevato, seguita a distanza dalla sicurezza (17%) e dalla diffusione a livello europeo (10%).
Uno strumento di pagamento digitale genera per design un enorme numero di informazioni connesse con l'identità degli operatori, la tipologia e l'entità della transazione. De facto fino ad ora l'accesso a queste informazioni da parte delle autorità di controllo fiscali o anti-riciclaggio è stato considerato scontato, mentre traspare una larga tolleranza nella possibile condivisione e disseminazione dei dati da parte degli operatori coinvolti nel funzionamento del sistema di pagamenti: gli intermediari finanziari di riferimento del pagante/ricevente e i fornitori del servizio di pagamento.
In altri termini, sembra prevalente l'implementazione di un sistema simile a quello vigente attualmente sulle forme tradizionali di denaro elettronico: carte di credito e bonifici bancari. Ma questo non sembra adeguarsi ai desiderata degli utenti, anche in questo caso inclini a confrontare i nuovi CBDC con il contante, che garantisce totale riservatezza nelle transazioni di prossimità e di piccola entità.
La soluzione più ovvia sarebbe un'architettura tiered: una quota precisa di transazioni al di sotto di una specifica soglia viene resa “anonima” e non tracciabile dall'intermediario che gestisce il wallet con cui l'utente riceve/spende i propri CBDC. Considerato che per piccoli importi anche i wallet possono essere gestiti attraverso un'identificazione “debole” dell'utente (nessuna verifica dell'identità), questo garantirebbe una certa privacy.
Tuttavia, l'entusiasmo delle banche centrali per il privacy tiering è al più tiepido, da intendersi come una sorta di concessione all'utente. Nel design dello Yuan cinese, l'anonimizzazione consiste semplicemente in un “oscuramento” delle informazioni nei confronti di soggetti terzi rispetto all'autorità (banche commerciali, altri utenti, amministrazioni locali). La banca centrale mantiene però la possibilità di accedere anche alle transazioni “anonime” in caso di richiesta del governo centrale.
Nel report della BCE, il privacy tiering viene considerato come una mera proposta in esplorazione. Non ci siamo ancora: la generale sfiducia nella gestione delle informazioni personali delle transazioni da parte delle istituzioni è stata la causa fondamentale nel 2018 del fallimento del progetto dell'Ecuador di Dinero Electrónico, un prototipo di valuta digitale ben concepito e supportato da un'intensa campagna di informazione governativa.
Come vanno i test di CBDC a livello globale: una panoramica
I dati disponibili sull'utilizzo dei primi prototipi a livello globale sono ancora molto limitati, non standardizzati e di scarsa affidabilità. Ciò non di meno qualcosa traspare, ed è possibile cominciare a fare alcune riflessioni.
Partiamo dal progetto più ambizioso: l'E-Yuan cinese. Ad ottobre 2022 la valuta è già de facto operativa per il 20% della popolazione, concentrata in 15 grandi città (tra cui ci sono Pechino, Shanghai e Shenzen) in cui sono in corso test-pilota partiti nell'aprile 2020. Dopo tassi di crescita entusiasmanti ed un battage pubblicitario imponente culminato durante le Olimpiadi invernali di febbraio 2022, la penetrazione dell'E-Yuan appare rallentare sensibilmente, sia in termini di wallet attivati che di transazioni effettuate (vedi Figura 2).
Di conseguenza, il valore cumulato delle transazioni si sta livellando intorno ai 180 miliardi di Yuan (26 miliardi di $, vedi Figura 3): l'importo medio delle transazioni per singolo wallet non viene divulgato dalla People Bank of China, ma le stime indicano come non superi i 50$, con un grande squilibrio tra una minoranza di wallet molto attivi ed una larga maggioranza con giacenza nulla.
Recentemente la PBOC ha introdotto diversi miglioramenti tecnologici nell'usabilità (con l'utilizzo di smart contracts mutuati dal mondo delle cripto-valute), ma la mancanza di una chiara timeline per il futuro non aiuta la crescita dell'adozione a livello nazionale.
Risultati contrastanti arrivano anche dalla Nigeria, dove nell'ottobre 2021 la banca centrale ha rilasciato il prototipo di e-Naira, sviluppato sulla falsariga dell'E-Yuan (vedi Figura 4). C'è stato un buon riscontro iniziale tra i consumatori retail (800.000 download dei wallets e 100.000 utenti in 3 settimane), mentre pochissime imprese hanno aderito all'iniziativa. De facto, il progetto è rimasto fermo fino a maggio 2022, pare per via di un esplicito sabotaggio da parte della rete di banche commerciali coinvolte nella distribuzione dei token.
Negli ultimi mesi, ci sono stati degli sviluppi più incoraggianti: il numero di wallet associati ad imprese è cresciuto di 10 volte trascinando con sé anche il valore cumulato delle transazioni effettuate, che oggi sfiora i 10 milioni di $.
Anche dalle piccole Bahamas arrivano dati non entusiasmanti sull'utilizzo del Sand Dollar dopo 2 anni dal lancio ufficiale: 20.000 utenti circa (su una popolazione di 400.000 persone) per circa 300.000$ in circolazione. Per un paradiso finanziario, francamente è un po' poco.
La chiave di volta: un sistema di pagamento integrato su dispositivi mobili
Tutti i progetti in fase di test hanno una caratteristica importante in comune, che appare indispensabile nella prospettiva di un'adozione delle valute digitali per il mercato domestico in affiancamento al contante: si stanno avvalendo di vasti network infrastrutturali costituiti dai sistemi di pagamento privati su dispositivi mobile.
La Cina è al primo posto al mondo come percentuale di penetrazione all'interno della popolazione: 39,5% a fine 2021 (oltre 800 milioni di consumatori), ma anche in Nigeria siamo intorno ad un altissimo 34%.
Nonostante l'elevata diffusione dei pagamenti digitali tra la popolazione, il mercato cinese (ed in genere quello asiatico, vedi Figura 5) è comunque caratterizzato da un valore medio in $ delle transazioni annue piuttosto contenuto, intorno ai 2.810 $ ed un tasso di crescita in forte rallentamento.
Pertanto – nella prospettiva di una valutazione delle chance di successo – la Cina si pone in una fascia più bassa rispetto agli USA ed ai Paesi del Nord Europa, dove la minore penetrazione è controbilanciata da una spesa media notevolmente più elevata (tra i 6.000 e i 9.000 $). I mercati dei Paesi del centro-sud Europa sono invece in notevole ritardo nello sviluppo di una infrastruttura digitale capillare, anche se spicca la posizione dell'Italia, in recupero con una crescita del valore medio delle transazioni molto elevata.
In definitiva, la corsa sfrenata alle valute digitali sembra finita: ci vorrà tempo per dipanare la matassa. Saranno gli utenti a stabilire se le valute digitali hanno un'utilità reale o sono solo una soluzione alla ricerca di un problema.
Marcello Minenna, Direttore Generale dell'Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli
@MarcelloMinenna
Le opinioni espresse sono strettamente personali
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