Valvole, portafoglio ordini pieno per due anni
Dopo la frenata imposta da pandemia e chiusura del mercato russo, la domanda nell’Oil&Gas è ripartita soprattutto in Medio Oriente e Usa. L’incertezza sul medio termine spinge le aziende a elaborare nuove strategie e valutare acquisizioni per ampliare l’offerta merceologica
di Giovanna Mancini
5' di lettura
Il portafoglio ordini è pieno e darà lavoro almeno fino a tutto il 2024, con una buona coda anche nel 2025. Sul dopo, però, è nebbia fitta per i produttori di valvole destinate all’Oil&Gas, un settore che vede l’Italia al primo posto in Europa per produzione con una quota del 34,2% dei quasi 9 miliardi di euro prodotti nella Ue a 27 (dati Prometeia riferiti al 2021), e che ha nella Lombardia il suo cuore industriale, con il 62,8% della produzione nazionale. Più precisamente nella Bergamasca, dove sono attive oltre 100 imprese su un totale italiano di 210, con quasi 5mila addetti su 9.300 nazionali e un fatturato di 1,4 miliardi sui 2,7 complessivi. Non a caso è qui che si svolge dal 2015 IVS - Industrial Valve Summit, la fiera di settore (che comprende anche le imprese della supply chain e i produttori di valvole destinati a tutti i settori industriali) organizzata da Confindustria Bergamo e Promoberg. La quinta edizione è in programma il 15 e 16 maggio 2024, ma già il prossimo 23 novembre si terrà all’interno del Kilometro Rosso Innovation District l’«IVS Valve Industry Think Tank», appuntamento annuale pensato per dare l’opportunità agli operatori di incontrarsi e discutere i temi di attualità legati al comparto energetico.
E di temi sul piatto, quest’anno, ce ne sono molti. Non c’è dubbio infatti che l’industria delle valvole per Oil&Gas, dopo lo stop imposto dalla pandemia (che aveva fermato la costruzione di nuovi impianti) e l’ulteriore colpo inferto dalla guerra tra Russia e Ucraina (con il venir meno, da un giorno all’altro, di un mercato importantissimo), sta finalmente vivendo un momento d’oro, con prospettive ottime per i prossimi due anni: «Uno dei parametri più attendibili, per fare le pianificazioni di medio periodo, è l’incidenza degli investimenti nell’Oil&Gas sul totale degli investimenti nel settore energetico – spiega Francesco Apuzzo, presidente di Valve Campus, associazione che rappresenta le imprese della filiera –. Da un anno e mezzo circa il suo valore è molto alto e la stima è che rimarrà tale fino alla fine del 2025». Dopodiché, tuttavia, ci sarà uno spostamento degli investimenti verso due ambiti principalmente: terre rare e idrogeno. «Assisteremo allora a una riconfigurazione del nostro mercato: alcune aziende spariranno, altre saranno comprate. Ci sarà un riallineamento alla domanda del mercato», dice Apuzzo.
La riconfigurazione, a dire il vero, è già in corso, attraverso direttrici differenti: alcune realtà stanno valutando o concludendo acquisizioni nella parte a monte della filiera, per integrare pezzi di supply chain, oppure a valle, inglobando aziende che producono componenti per altri settori. Ad esempio, molti stanno investendo nel settore idrico che, nonostante l’elevata competitività, è un settore molto grande e, inoltre, consente di far crescere i target di sostenibilità delle imprese. La strategia più diffusa è la creazione di piattaforme locali in diverse aree del mondo per procedere in quello specifico territorio con acquisizioni che allarghino l’offerta commerciale. Perché diversificare, in un settore come l’Oil&Gas, non è facile. Nemmeno in vista della transizione energetica, come spiega Apuzzo: «La maggior parte della produzione di energie alternative ha impianti che non necessitano i componenti della nostra filiera. Le opportunità più interessanti sono nell’ambito dell’idrogeno, ma solo in alcune fasi della sua produzione».
Un altro ambito con buone potenzialità è quello dell’idroelettrico e su questo fronte si sta muovendo, ad esempio, OMB Valves, gruppo di Cenate di Sotto che ha acquisito di recente una società specializzata in questo settore. «Lavoriamo anche nell’ambito dei semiconduttori e dell’aerospaziale, ma il core business rimane l’Oil&Gas», spiega Simone Brevi, direttore generale e titolare, assieme al fratello, del gruppo fondato 50 anni fa dal padre, che oggi ha un fatturato consolidato di oltre 150 milioni di euro, circa 450 dipendenti e sedi e impianti produttivi in tutto il mondo: oltre alle tre fabbriche in Italia, anche a Singapore, in Texas, in Arabia Saudita, ad Abu Dhabi e in Nigeria. «Abbiamo lavoro per tutto il 2024 – racconta Brevi –. Il mercato più forte, in questo momento, è il Medio Oriente, soprattutto gli Emirati e l’Arabia Saudita, che hanno compensato le perdite subite in Russia, dove da un giorno all’altro ci siamo trovati con ordini cancellati per un valore di 28 milioni di euro».
Un problema che accomuna molte aziende del settore, storicamente sbilanciate verso Mosca e quindi colpite dalle sanzione seguite all’invasione dell’Ucraina, a favore di fornitori cinesi e indiani. Per questo, secondo i dati di Prometeia, il valore delle esportazioni italiane non ha ancora recuperato i valori pre-Covid, sebbene il nostro Paese rimanga il terzo esportatore al mondo per valore, alle spalle di Cina e Germania. Merito di prodotti che si posizionano sul segmento alto del mercato, proprio quello richiesto dai costruttori e gestori di impianti nell’area del Golfo.: «I nostri clienti in quest’area utilizzano quasi esclusivamente valvole italiane – conferma Simone Brevi –. Quindi la nostra concorrenza in Arabia Saudita è italiana, anzi, bergamasca».
Accanto al Medio Oriente, anche gli Stati Uniti si confermano un mercato di sbocco importante e, in Asia, la Corea del Sud e il Giappone. Più difficile, spiega ancora Apuzzo, è entrare nei mercati cinesi e indiani, non solo perché in gran parte già serviti da una produzione locale, ma anche per difficoltà di tipo logistico, giuridico e talora anche politico.
«Dopo un 2020 e un 2021 molto difficili, negli ultimi due anni il mercato è esploso e ora siamo nel pieno di uno tsunami, che riusciamo comunque a gestire grazie a una filiera molto forte in Italia, mentre negli Stati Uniti produciamo noi i componenti che mancano», dice ancora Brevi.
Diversa la situazione per le imprese della filiera concentrare su altri settori. «Noi forniamo diversi tipi di industria e questo è storicamente uno dei nostri punti di forza, ma in questo momento risentiamo delle difficoltà in cui versano tutti i comparti della manifattura», racconta Manuel Oldrati, amministratore delegato di Oldrati Guarnizioni, gruppo di Villongo con 170 milioni di euro di fatturato e 1.800 collaboratori in 14 sedi nel mondo. Una multinazionale tascabile con impianti in tutta Europa e in Turchia, che produce componenti per i comparti home e mobility (che assorbono ciascuno il 30% della produzione), ma anche riscaldamento, petrolchimico, industriale, hobby e sport e medicale. Quest’ultimo, come l’Oil&Gas, è in crescita, il resto risente della frenata globale della domanda.
«La contrazione è generalizzata, perciò al momento prevediamo un calo del 9-10% dei ricavi a fine anno, ma è difficile interpretare che cosa accadrà nei prossimi due mesi: il mercato è diventato schizofrenico. Dopo la crisi delle forniture degli ultimi due anni, tutti hanno riempito i magazzini a costi altissimi e adesso devono svuotarli. Inoltre, per evitare di trovarsi nuovamente con troppa merce in casa, nessuno vuole più lavorare a magazzino, perciò gli ordini arrivano ormai in maniera improvvisa ed è molto difficile gestirli, oltre che fare una buona programmazione. Ogni trimestre rifacciamo il punto e riorganizziamo la strategia sulla base degli ordini».
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