Vaticano: bilancio 2022 in “rosso” (33 mln) per Covid e calo offerte, ma i conti migliorano per controllo della spesa
Guerrero (Prefetto Economia): «Attenzione al budget senza ridurre la carità del Papa, ma anzi aumentandola»
di Carlo Marroni
5' di lettura
Un bilancio 2022 ancora in rosso, per gli effetti della pandemia e del calo delle offerte, ma in miglioramento rispetto alle previsioni di un anno fa. Il Vaticano affronta il terzo anno del Covid in un processo di profonda riorganizzazione della spesa pubblica, che ormai viaggia a pieno regime con l'inclusione nel perimetro del bilancio di enti finora rimasti esclusi. E mentre si sta chiudendo la vendita del palazzo di Sloane Avenue, Londra, al centro dello scandalo che ha scosso tutta la Santa Sede sul quale si sta celebrando un procedimento giudiziario, prosegue il processo di contenimento delle spese (scese di ulteriori quattro milioni nel 2021): l'obiettivo è ottimizzare gli investimenti e aumentare le offerte, in calo del 15%. Padre Juan Antonio Guerrero Alves, Prefetto della Segreteria per l'Economia, in un'intervista al direttore editoriale della Santa Sede, Andrea Tornielli, descrive il bilancio preventivo 2022, con una premessa: «Il nostro compito è aiutare l’economia della Santa Sede a soddisfare i suoi bisogni, facendo attenzione che l’attività economica non distragga o tolga credibilità alla missione di aiutare l’unità nella carità, e alla missione evangelizzatrice della Chiesa».
Salgono a 90 gli “enti” consolidati
La prima novità di quest'anno è che nel nuovo perimetro “contabile” gli enti che vanno a comporre il consolidato salgono da 60 a 90, e quindi il budget cresce molto: nel 2022 le entrate saranno di 770 milioni di euro e le spese di 803 milioni di euro, cioè un deficit totale di 33 milioni di euro rispetto ai 42 milioni di euro preventivati l’anno scorso (deficit preventivato l'anno scorso era di quasi 50 milioni). Il consuntivo 2021 sarà dato a metà anno, ma migliorerà rispetto alle previsioni, stima Guerrero, il gesuita spagnolo chiamato due anni fa dal Papa a guidare il dicastero-chiave dell'economia vaticana, assieme all'Apsa presieduta da Nunzio Galantino. «Sono stati inclusi gli enti che, pur non essendo propriamente dicasteri o curia romana, sono di proprietà della Santa Sede o dipendono e sono sotto la responsabilità finanziaria della Santa Sede. Per esempio, l’ospedale Bambino Gesù o l’ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, alcune fondazioni strumentali ai dicasteri o al fondo pensioni, il Fondo di Assistenza Sanitaria, le quattro maggiori basiliche romane e i santuari di Loreto, Pompei e Padova. Ciò significa che siamo passati dal considerare un bilancio di circa 300 milioni di euro a uno che supererà il miliardo di euro» quando tutti gli enti ancora mancanti saranno inclusi.
Incasso dell’Obolo (offerte) a 37 milioni
Un tema molto sentito nelle finanze vaticane è collegato all'Obolo, il fondo cui confluiscono le offerte dei fedeli, evocato anche nel recente caso dell'immobile di Londra. I conti dell'Obolo – dice Guerrero nell'intervista ai media vaticani – non sono ancora chiusi, ma è chiaro che nel 2021 c’è stato di nuovo un calo rispetto all’anno precedente, «che oserei quantificare in non meno del 15%. Se nel 2020 l’incasso totale dell’Obolo era di 44 milioni di euro, nel 2021 non credo che sarà più di 37 milioni di euro. La diminuzione nel 2021 si aggiunge alla diminuzione del 23% tra il 2015 e il 2019 e alla diminuzione del 18% nel 2020, il primo anno della pandemia». Un dato importante per capire la redistribuzione dei mezzi: la maggior parte delle risorse dedicate alla missione apostolica sono destinate a sostenere le chiese locali in difficoltà e in contesti specifici di evangelizzazione (21%); comunicare il messaggio della Santa Sede (16%); preservare la sua presenza nel mondo (16%); supportare il culto e l'evangelizzazione (16%); promuovere la carità (9%).
«Aumentare la quota di immobili che producono reddito»
In attesa di un nuovo aumento delle offerte serve un piano di incremento delle entrate, osserva Guerrero sui media vaticani. «A medio termine, prima di tutto, abbiamo piani per migliorare l’efficienza interna, ottimizzando il rendimento del patrimonio. Dal lato immobiliare - parliamo sempre del grande patrimonio della Santa Sede - ci sono molti edifici dati al servizio della missione della Chiesa, circa 60 templi a Roma, non pochi edifici dati a istituzioni universitarie, ospedali e altre istituzioni al servizio della missione della Chiesa. Questa grande parte del patrimonio immobiliare non ha una rendita economica, ma solo una rendita sociale e a volte ha dei costi. Un’altra parte di questo patrimonio è per uso istituzionale: gli uffici vaticani, le strutture dei dicasteri, che hanno solo costi. Solo il 20% del patrimonio immobiliare rimane per un rendimento economico. Un piano che è sul tavolo di APSA è quello di aumentare questa superficie con una riduzione dell’uso istituzionale. Un altro aspetto è la centralizzazione degli investimenti finanziari, che speriamo sia finalmente completata quest’anno».
Vendita Sloane Avenue a Bain Capital, «operazione trasparente»
E sempre in tema di immobili si arriva a Sloane Avenue, il palazzo di Londra costato alle casse vaticane 350 milioni. Si sta chiudendo la vendita: «È stata un’operazione condotta in piena trasparenza e secondo le nuove regole dei contratti vaticani. Sono stati assunti un broker a Londra e uno studio legale (Savills e White & Case, ndr) entrambi con una gara ristretta, così come una persona di fiducia a Londra per accompagnare il processo e rappresentare i nostri interessi. Il processo è stato accompagnato da un team della Santa Sede con alcuni aiuti professionali esterni da Roma. Sono state ricevute sedici offerte, quattro sono state selezionate, dopo una seconda tornata di offerte, è stata scelta la migliore»: l'acquirente è il gruppo di private equity Bain Capital. «Il contratto di vendita è stato firmato, abbiamo ricevuto il 10% del deposito e tutto sarà concluso nel giugno 2022. La perdita della presunta truffa, di cui si è parlato molto e che ora è sottoposta al giudizio dei tribunali vaticani, era già stata presa in considerazione nel bilancio. L’edificio è stato venduto al di sopra della valutazione che avevamo in bilancio e della valutazione fatta dagli istituti specializzati». A novembre era uscita su Financial Times l'indiscrezione di una perdita di 100 milioni.
«Nelle finanze commessi errori, ma ora siamo sulla giusta direzione»
Ma oggi come va l'economia della Santa Sede? «La Curia romana è composta da centri di spesa che hanno poche entrate in cambio del servizio che forniscono. Le entrate del patrimonio aiutano ma, come abbiamo detto, sono insufficienti per rendere sostenibile la Curia. Se viviamo di donazioni - osserva Guerrero - non è per avere un surplus, ma per usarle per lo scopo per cui sono state date. Il nostro obiettivo è di essere sostenibili, non di avere un’eccedenza. Siamo ben consapevoli di aver commesso degli errori nella gestione finanziaria, che hanno minato la credibilità della Santa Sede. Cerchiamo di imparare da essi e crediamo di avervi posto rimedio affinché non si ripetano. Negli ultimi anni, incoraggiati dal Santo Padre, abbiamo fatto passi importanti nella gestione economica nella giusta direzione: più professionalizzazione, più lavoro di squadra, più trasparenza e meno segretezza, istituzione di procedure di controllo, più riconoscimento delle nostre debolezze e tentativo di porvi rimedio. Sono stati fatti cambiamenti importanti con la pubblicazione di alcune leggi e più lentamente la cultura sta cambiando. Stiamo lavorando nella giusta direzione».
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