Vaticano: esce il Revisore Generale, nuova crisi nelle finanze della Santa Sede
di Carlo Marroni
2' di lettura
Si è dimesso il Revisore Generale della Santa Sede, Libero Milone. Dopo appena due anni dall'assunzione dell'incarico, che per statuto dura cinque anni. Dimissioni a sorpresa per l'esterno, ma dentro le mura della Santa Sede – a quando ha potuto apprendere Il Sole 24 Ore – non sono affatto una sorpresa. Anzi. Il Revisore Generale da tempo era entrato in rotta di collisione con altri uffici pontifici, probabilmente a partire dalla Segreteria di Stato, soprattutto per questioni di metodo, e forse anche di merito.
Ruolo istituito nel 2014
Il Revisore era stato istituito con la riforma della finanze vaticane nel 2014, quando era stata istituita la Segreteria per l'Economia, con compiti inizialmente di super-dicastero delle Finanze salvo poi essere molto ridimensionato nei poteri reali e nelle competenze formali. Si era trattato di una processo che aveva introdotto dentro il Vaticano metodi e professionalità certamente utili per migliorare la gestione delle vetuste finanze papali, ma forse forzando in modo artificiale dei meccanismi che non potevano (e forse non possono ancora) essere stravolti per decreto, innestando delle metodologie buone per Wall Street ma non per la sede apostolica, specie ai tempi di Francesco.
Il recente «incidente» con l'Apsa
Di recente si è consumato un incidente che in effetti si è rivelato un caso quasi del tutto montato ad arte, come spesso accade. Infatti l'Apsa, l'amministrazione del patrimonio delle sede apostolica (patrimonio immobiliare e fondi finanziari) – guidata dal cardinale Domenico Calcagno - aveva inviato una lettera a tutti i dicasteri chiedendo agli enti interni con cui aveva rapporti di inviare le documentazione finanziaria alla società di revisione Pwc: la lettera, forse scritta in modo da poter essere fraintesa, parlava solo di quei rapporti che riguardavo l'Apsa ma è stata intrepretata dalla Segreteria per l'Economia, guidata dal cardinale George Pell, e dal Revisore – considerati in linea su questo come in altri dossier - come una intromissione sulle loro competenze e a loro volta avevano inviato un lettera che smentiva la precedente.
Riforma difficile
Un brutto incidente, che tuttavia aveva confermato lo stato di frizione permanente dentro le finanze vaticane (il Papa ha confermato quasi del tutto i poteri all'Apsa, che inizialmente sembrava sulla via della chiusura) che sono lungi dall'aver raggiunto una stabilizzazione nel processo di riforma, che procede ancora lentamente, «passo dopo passo» come confermano fonti autorevoli del C-9, il consiglio dei cardinali che assiste il papa nella riforma e che se ne occupato per due anni e che per adesso ha accantonato il dossier. Inoltre di Milone – un manager laico di oltre 65 anni che ha alle spalle un passato in Deloitte e in Fiat, tra gli altri – si era sentito parlare quando in Vatileaks-2 era emerso che il suo pc era stato violato nell'ottobre 2015, pochi mesi dopo la sua nomina: aveva sporto denuncia alla Gendarmeria Vaticana, e questa aveva dato via al caso. Ora dovrà essere nominato un successore alla guida di un ufficio di 6-7 persone, i cui stipendi a quanto risulta hanno livelli allineati più con la City che con la Santa Sede.
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