Vaticano: Guerrero (Prefetto Economia): «Spese della Santa Sede mai così basse»
Il gesuita nominato dal Papa a capo del dicastero di “controllo” e programmazione del budget traccia per Vatican News le novità di spending review e dell’uso dell’Obolo.
di Carlo Marroni
5' di lettura
«Le spese preventivate per il 2021 sono le più basse della storia recente della Santa Sede, ma i risparmi sono stati fatti senza diminuire il servizio alla missione del Papa e difendendo salari e posti di lavoro dei dipendenti. C'è bisogno del sostegno dei fedeli». Padre Juan Antonio Guerrero Alves, Prefetto della Segreteria per l'Economia, il gesuita che ha ricevuto da Papa Francesco il compito di governare i cordoni della borsa della Santa Sede in questo tempo molto difficile, in un'intervista su Vatican News al direttore editoriale della Santa Sede, Andrea Tornielli, fa il punto sui conti dello stato che nel 2021 (preventivo) sarà in rosso di 50 milioni. ma sarebbero stati 80 se non ci fosse stato l'Obolo di San Pietro.
I costi poco flessibili. Il calo delle entrate pesa del 30%
Quanto e come ha influito la crisi provocata dalla pandemia? «La crisi provocata dalla pandemia è la causa di questo bilancio restrittivo, in cui le entrate previste sono molto inferiori a quelle del 2019, l'ultimo anno senza pandemia. Allora le entrate sono state 307 milioni di euro e per quest'anno prevediamo il 30% in meno, 213 milioni. D'altra parte, sebbene le spese preventivate siano le più basse nella storia recente della Santa Sede - almeno da quando esiste la Segreteria per l'Economia - non è possibile ridurle nella stessa misura delle entrate mantenendo intatta la missione della Santa Sede. La riduzione totale delle spese prevista è dell'8%. Se escludiamo le spese per il personale, che non abbiamo ridotto perché la protezione dei posti di lavoro e dei salari è stata una priorità, la riduzione sarebbe del 15%» dice Guerrero. I costi dello stato papale sono poco flessibili? «Circa il 50% del bilancio è costituito dalle spese per il personale, una spesa che è molto poco flessibile, e che cresce automaticamente con i bienni e con l'indice del costo della vita. Nel 2020 il costo per il personale è cresciuto del 2% rispetto al 2019. La protezione dei posti di lavoro e dei salari è stata sinora per noi una priorità».
La riduzione drastica delle consulenze
Il Papa - ricorda - insiste sul fatto che risparmiare denaro non deve significare licenziare i dipendenti, è molto sensibile alla situazione delle famiglie. «Un momento di sfida finanziaria non è un momento per arrendersi, per gettare la spugna, non è un momento per essere “pragmatici”, dimenticando i nostri valori. Ciò comporta che, almeno a breve termine, il 50% della spesa non sia flessibile. Inoltre, molti dicasteri svolgono la loro missione 2 praticamente soltanto contando sulle risorse umane, le loro spese sono rappresentate per il 70, 80% dal costo del personale». E i risparmi, quindi? «Le misure adottate per il 2020 sono state: ridurre drasticamente i costi delle consulenze (per 1,5 milioni); annullare tutti gli eventi previsti per il 2020, incluse le Visite ad limina, le Assemblee Plenarie, le Conferenze, i Congressi e gli eventi similari (meno 1,3 milioni); limitare in modo radicale tutti i viaggi (meno 3 milioni); sospendere gli acquisti previsti per gli arredi (meno 0,9 milioni); bloccare e ripianificare i lavori non urgenti o rinviabili di ristrutturazione degli immobili (4,8 milioni), le nunziature... Insisto sempre sul fatto che non siamo un'azienda, non stiamo cercando di ottenere un profitto. Non siamo nemmeno uno Stato come gli altri né una ONG. La Santa Sede ha una missione irrinunciabile per la quale fornisce un servizio che inevitabilmente genera dei costi, coperti soprattutto da donazioni».
Oltre ai risparmi si può ricorrere all’utilizzo delle riserve
Ha inoltre – dice Guerrero - un patrimonio che copre le sue spese strutturali e aiuta un po' la sua missione. «Quest'anno le entrate sono diminuite. Se fossimo un'azienda o una ONG avremmo ridotto i servizi e ristrutturato il nostro personale. Se fossimo uno Stato come gli altri, avremmo aumentato il nostro debito e adottato misure fiscali. Nel nostro caso, se non arrivano le donazioni, oltre a risparmiare il più possibile, possiamo solo usare le riserve». Del resto «non sono poche le volte nella sua storia in cui la Chiesa, in vari Paesi, è arrivata ad avere un capitale quasi nullo, a seconda delle vicissitudini politiche. L'esperienza mostra che una Chiesa senza riserve finanziarie continuerebbe, comunque, a svolgere la sua missione di evangelizzazione con la creatività che lo Spirito ha ispirato nelle occasioni storiche in cui ciò è accaduto». Per la prima volta è stata pubblicata anche la ripartizione dei fondi dell'Obolo di San Pietro: con entrate di 47,3 milioni di euro ed erogazioni per 17 milioni. Questo significa dunque che 30 milioni saranno spesi per ridurre il deficit 2021? «Penso che sia inappropriato dire che l'Obolo copre il deficit della Curia. Non è esatto. La Curia avrà sempre un deficit. L'Obolo serve a coprire le spese della missione del Santo Padre, l'unità nella carità, che egli esercita attraverso i vari dicasteri. La maggior parte dei dicasteri che esercitano la loro missione sono centri di costo senza ricavi. Se togliessimo l'Obolo il deficit sarebbe di 47 milioni di euro in più. Ma se togliessimo la donazione dello IOR e dello Stato della Città del Vaticano, sarebbe di 37 milioni in più. Se togliessimo anche il contributo delle diocesi, sarebbe di 23 milioni in più, e se togliessimo ancora le entrate dell'APSA sarebbe di 100 milioni in più. Allora capiremmo che praticamente tutta l'attività e la missione della Santa Sede è una spesa: le nunziature, i dicasteri, l'aiuto alle Chiese in difficoltà, ecc..”
Il nodo dell’Obolo: contribuisce alla missione del Papa
Insomma, l'uso dei fondi dell'Obolo per ridurre il deficit è una novità di quest'anno o si è già fatto e in che misura? «È più appropriato – afferma Guerrero - dire che l'Obolo contribuisce alla missione del Santo Padre la quale, ovviamente, ha un costo. Questa non è una novità. La novità è che abbiamo avuto una serie di anni in cui le donazioni ricevute - compreso l'Obolo - non coprivano i costi di questa missione e, di conseguenza, le riserve dell'Obolo accumulate negli anni precedenti sono state consumate. Per esempio, nel 2019 il Fondo Obolo ha contribuito con 81 milioni alla missione complessiva del Santo Padre, mentre le entrate nette sono state di 53,8 milioni, cioè le riserve dell'Obolo sono diminuite di 27,2 milioni. Nel 2020, a causa della diminuzione delle entrate, non solo di quelle dell'Obolo, possiamo stimare - il bilancio non è ancora chiuso - una riduzione delle riserve di più di 40 milioni. Ora possiamo aspettarci che lo stesso si ripeta anche nel 2021. Questo ricorso alle riserve dell'Obolo negli ultimi anni comporta che la liquidità del fondo dell'Obolo va esaurendosi e con la crisi attuale è molto probabile che nel 2022 si dovrà ricorrere in qualche misura al patrimonio dell'APSA. Allo stesso tempo ci aspettiamo che molti dei flussi di entrate che sono diminuiti con la pandemia potranno riprendere quando la situazione generale migliorerà».Si prevedono 47 milioni di raccolta per l'Obolo: 17 andranno in erogazioni, dunque in aiuti e carità. 30 verranno usati per sostenere la Santa Sede. Come spiegherebbe a un fedele perché è importante continuare a donare per l'Obolo? «I 30 +17 milioni di euro preventivati verranno usati per sostenere la missione del Santo Padre, sia sotto forma di aiuti a persone o comunità, sia come contributi ai dicasteri che collaborano con la missione del Papa. La Santa Sede, lasciatemi insistere su questo, aiuta la missione del Santo Padre e si sostiene fondamentalmente grazie al contributo dei fedeli. Da un lato, non possiamo che essere grati per la generosità dei fedeli in questo anno molto difficile: in mezzo alle difficoltà di questo tempo di pandemia hanno continuato a collaborare perché credono nella missione della Chiesa e vogliono sostenere il Santo Padre»
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