Venezia: La verità di Kore-eda non fa troppo male
La Mostra del cinema di Venezia si inaugura con una commedia agro-dolce del pluripremiato regista giapponese. Ottimi attori, e non solo Deneuve e Binoche, ma la pellicola non è all’altezza di “Un affare di famiglia”, vincitore della Palma d’oro
di Cristina Battocletti
1' di lettura
Il pluripremiato regista giapponese Kore-eda Hirokazu ha inaugurato la 76esima Mostra del cinema di Venezia con una commedia agrodolce, “La verità”, ottimamente recitata. Protagoniste sono Fabienne (Catherine Deneuve) e Lumir (Juliette Binoche), rispettivamente madre e figlia di un rapporto arrugginito, che arriva alla resa dei conti con il pretesto della pubblicazione dell'autobiografia della madre, attrice âgée di successo.
Lumir torna a Parigi dagli Stati Uniti, dove vive, per festeggiare il libro di Fabienne, ma in realtà per risollevare i nodi mai risolti del loro rapporto. Il regista giapponese analizza i temi a lui cari - la famiglia, l'infanzia, il disvelamento delle verità - in un crescendo di situazioni paradossali, con uno sguardo al solito raffinato e ironico. La sceneggiatura, tratta da una pièce teatrale scritta dallo stesso regista, pian piano rivela, al di là della apparenze, un legame genitoriale e filiale profondo e inscindibile.
La pellicola molto godibile, grazie anche alla recitazione delle due étoile e non solo, è un po' meno spontanea di “Un affare di famiglia”, Palma d'oro a Cannes nel 2018. Forse, a spiazzare il regista nipponico sono gli ambienti borghesi ed europei in cui si immerge per la prima volta, o forse non è riuscito a ricreare la poesia, intrinseca in tutta la sua produzione, che si nutriva degli interni giapponesi e il film appare meno coraggioso di quanto poteva essere. E La verità nel caso di Kore-eda Hirokazu fa male, ma non troppo.
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