Venezuela, l’opposizione prepara la spallata a Maduro
di L.V.
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Galvanizzata dal massiccio voto contro il presidente Nicolas Maduro nel «referendum simbolico» di domenica, l’opposizione venezuelana sta cercando il modo per scardinare l’egemonia del Partito socialista al potere, per riportare il Paese alla piena democrazia oltre che per risollevare l’economia nazionale giunta al quarto anno di pesantissima recessione.
Dopo mesi di proteste di piazza, con più di cento persone, migliaia di feriti e centinaia di arresti, la coalizione Unità democratica ha portato 7,2 milioni di persone a votare in una consultazione informale per delegittimare il presidente Maduro. Oltre il 98% degli elettori ha risposto «sì» alle tre domande indicate sulle schede: per respingere la riforma costituzionale di Maduro; per chiedere alle Forze Armate di difendere l’attuale Costituzione e quindi il Parlamento, oggi controllato dall’opposizione; e per esigere elezioni generali al più presto. Nel diffondere i dati, Cecilia Garcia Arocha - rettrice dell’Università centrale del Venezuela, una delle istituzioni accademiche che ha coordinato le operazioni di voto - ha sottolineato che per il referendum, organizzato in due settimane e senza l’appoggio del Consiglio nazionale elettorale, sono stati messi a disposizione - in patria e all’estero - in tutto duemila seggi, contro i 14mila seggi utilizzati per le consultazioni ufficiali. Nel 2015, le opposizioni conquistarono la maggioranza in Parlamento con 7,7 milioni di voti, contro i 5,6 dei chavisti. Mentre a Maduro nel 2013, un anno dopo la morte di Hugo Chavez, bastarono 7,3 milioni di preferenze per diventare presidente. Il Venezuela conta circa 31 milioni di abitanti e 19,5 milioni di cittadini iscritti nelle liste elettorali.
Uno degli osservatori internazionali nel Paese per controllare lo svolgimento della consultazione di domenica, l’ex presidente messicano Vicente Fox, è stato dichiarato «persona non grata» da Caracas per avere paragonato il referendum alle elezioni che nel 2000 misero fine a decenni di governo del Partito rivoluzionario istituzionale nel suo Paese.
I leader dell’opposizione invocano l’«ora zero», il reset totale con elezioni anticipate. «Con questi risultati del referendum, a partire da oggi il mandato di Nicolas Maduro è matematicamente revocato», ha detto il presidente del Parlamento venezuelano, Julio Borges. «Ora si capisce perché il governo non vuole più elezioni democratiche. Spero tuttavia, che chi è al potere in Venezuela abbia l’umiltà necessaria per capire il grido che ha lanciato il Paese. Il popolo - ha aggiunto Borges - ci ha dato un forte mandato che intendiamo rispettare e fare rispettare: tocca ora a noi fare capire al governo il messaggio delle urne».
Maduro, 54 anni, già fedelissimo di Chavez, ha visto diminuire drasticamente i consensi fino al 20% a causa della durissima crisi economica che sta sconvolgendo il Venezuela, membro sudamericano dell’Opec. «Cercate di non impazzire, mantenete la calma», ha detto Maduro domenica in un messaggio ai suoi oppositori accusandoli di essere «pedine degli Stati uniti» e di volere prendere il potere con la violenza.
Il primo obiettivo delle opposizioni è ora bloccare l’Assemblea costituente che - secondo Maduro - dovrebbe essere eletta il 30 giungo per poi lavorare alla riscrittura della nuova Carta venezuelana. È stato già indetto uno sciopero nazionale per giovedì, si preparano lunghi blocchi sulle strade e si sta organizzando una marcia imponente da concludere con una manifestazione davanti al palazzo presidenziale Miraflores.
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