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The Venice Venice, manifesto della post venezianità

Alberghi raccontati per voi: il progetto di Alessandro e Francesca Gallo, fondatori di Golden Goose, in Ca’ da Mosto riassume uno stile ricco di contaminazioni da tutto il mondo, lontano dai cliché

di Sara Magro

3' di lettura

Se qualcuno chiedesse di un posto nuovo e divertente a Venezia, la risposta senza esitazione sarebbe: «Vai a The Venice Venice». Innanzitutto perché è un posto super cool: entri e ti trovi un concept store, stile Parigi-Londra-New York, con tappeti etnici, oggetti di design storico, una collezione di abbigliamento con gonne godet, T-shirt a righe (come i gondolieri) e pantofole friulane in velluto colorato.

Ca’ da Mosto

Poi comincia il ristorante con le pareti in mattoncini rossi e le gigantografie dei fornitori locali: il pescivendolo, l'ortolano, il macellaio…Ancora qualche passo e si arriva sulla terrazza, affollatissima quando c'è il sole: leggi «prenotare sempre» per garantirti un Americano (perfetto con la schiuma all'arancia) o un piatto di tagliolini al tartufo (che profumo!) davanti al ponte di Rialto. Inaspettatamente, una porta laterale si apre su uno spazio per l'arrivo in motoscafo che ricorda lo stile inconfondibile dell’architetto veneziano Carlo Scarpa: è l'ingresso per gli ospiti dell'hotel. Si sale tra due file di candele (o in ascensore, ma è meno scenografico), si fa il check (e nell'attesa ti offrono il caffè) e si entra nel piano nobile dello storico palazzo Ca’ da Mosto con il classico pavimento a terrazzo, le finestre altissime e, verso il Canal Grande, una sala interamente rivestita da un arazzo di Francesco Simeti, che contrasta con il bar elettronico al centro, cabina di regia delle serate drink&music.

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Torniamo qualche passo indietro, tra divani e poltrone separati da vecchi caloriferi in ghisa dipinti di neri: le foto sognanti alle pareti si alternano alle porte originali del palazzo. Lì, protette all'interno da vere porte blindate, ci sono le camere, 41 distribuite in due edifici, ognuna dedicata a un artista diverso. Quella di Igor Mitoraj, che si affaccia sul ponte di Rialto, è sufficientemente grande e alta per ospitare le sculture extra large dell'artista. Mentre la stanza-studio del fotografo Renato D'Agostin, su due piani, con una macchina fotografica carica per scattare foto che saranno sviluppate dall’artista in persona.

Arte a parte, le camere sono ampie, luminose, con una serie di pensieri gentili per gli ospiti, da saponi e creme in tubetto, come una volta, al carrello degli alcolici alla moka per il primo caffè al mattino, ancora a letto. In sintesi, The Venice Venice non è una sola cosa, bensì un negozio-albergo-cicchetteria-ristorante, dove Alessandro e Francesca Gallo, ex proprietari del brand di sneaker Golden Goose e ora del nuovo The Erose, riassumono uno stile ricco di contaminazioni da tutto il mondo, come d'altra parte è sempre successo a Venezia.

A loro piace definire il progetto un «manifesto di postvenezianità», che abbandona i cliché, non la tradizione, per individuare le nuove tendenze del design, dell’arte e dell’artigianato locale a partire dall’ospitalità. D’altra parte Ca’ da Mosto, uno dei più antichi sul Canal Grande con elementi romanici che si intersecano nello stile bizantino, era la famosa Locanda del Leon Bianco, dove facevano tappa gli intellettuali del Gran Tour, come Voltaire che vi ambientò il pranzo dei sei re nel Candide e il Conte del Nord, figlio in incognito dell’imperatrice Caterina di Russia. Oggi The Venice Venice conserva memoria del suo passato, anche nel suo scambio quotidiano con gli ospiti, ma è soprattutto un ambasciatore del lifestyle contemporaneo, autenticamente veneziano, e italiano in generale.

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