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Vera Gemma, un angelo-cowboy al MoMA

A New York il film di Tizza Covi e Rainer Frimmel, Vera, ispirato alla vita della figlia di Giuliano Gemma

di Filippo Brunamonti

Credit: Tizza Covi, Rainer Frimmel – Vento Film

3' di lettura

La immaginiamo accompagnata in calesse dal suo cocchiere con una scheggia di ferro in testa, Walter, fino alle porte del MoMA. Ad attenderla c’è una ristampa in 4K di uno straordinario screen test di Katharine Hepburn, in costume e nel personaggio di Giovanna d’Arco, l'Amazzone che osava sentire le ‘voci'. Sperimentale, fuori da ogni color. Vera Gemma è la nuova Hepburn/d'Arco di New York. Il Cinecolor, il Dufaycolor e il Prizmacolor si slacciano all'ombra dei suoi tacchi roventi Jimmy Choo. All'angolo con la Quinta Strada fa il suo ingresso in una sala dove il Bene è tanto: chi è volato dall'Austria, chi da Roma per assistere alla prima americana di Vera di Tizza Covi e Rainer Frimmel, una cometa di film sempre in viaggio, dalla Mostra del Cinema di Venezia (in concorso nella sezione Orizzonti) a 34 festival non-stop in tutto il mondo.

Credit: Tizza Covi, Rainer Frimmel – Vento Film

Il MoMA diventa la bottega ideale per vedere i Super8 della famiglia Gemma scorrere a ritmo di Una pistola per Ringo. O per unirsi a Martini-Bertè-Argento, cantare insieme a Vera ed Asia un classico del repertorio romano (“Te vorebbe vede’ a Ponte impiccato, con la testa mozzata e pe Panico…”) e finire dritti al cimitero, di fronte alla tomba del figlio di Goethe che non ha neanche un nome: “È morto prima del padre. Non si sa come si chiama, questo signore. Non si sa che cosa ha fatto, se aveva un talento. Sappiamo solo che era il figlio di Goethe. Magari è stato proprio Goethe che ha detto: sì, quello era mio figlio, fategli una tomba e scrivete ‘Figlio di Goethe'. È un monito per noi, figlie d'arte”.

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Credit: Tizza Covi, Rainer Frimmel – Vento Film

Un angelo della notte col cappello da cowboy

Qualche caro mostro resta, dentro la fabbrica dei sogni di Vera. Frimmel la segue di spalle in quello che a tratti sembra uno Spaghetti Western too-good-to-be-true. Lei, un angelo della notte col cappello da cowboy - preso in prestito dall'infanzia, da un piatto di paella sui set nella città di Almeria - pronta a guarire la solitudine di un tizio agli arresti domiciliari che le chiede un selfie sull'uscio della porta, mentre, sotto le sirene di un'ambulanza, attraversa un photo-call con i clown a molla di Ballando con le stelle, e tenta persino di salvare un bambino di 8 anni che non è coperto dall'assicurazione. È la ‘vita vera' che Vera cerca con la sua “voce da gitana urlante flamenco e pasto caldo”. Come parecchi figli d'arte, vuole bene a bambini impossibili da salvare, perché la mattina dopo già non esistono più. I clown del Circo la danno in tutta fretta in pasto a numeri ad alto rischio. Ma Vera è la prima a sacrificare sé stessa per quel pantheon di meccanici d'auto e attori disperati. Non ha paura.

Credit: Tizza Covi, Rainer Frimmel – Vento Film

Il sito aggregatore di recensioni Rotten Tomatoes è a quota 100% per Vera a pochi giorni dal suo atterraggio a New York. In un momento in cui Barbie supera il miliardo di dollari al botteghino, Vera, nel film, ricorda al suo chirurgo che sono passati dieci anni dalle ultime protesi e che vorrebbe degli impianti più grandi: “Ma come? Più grandi di così? Tu sei bionda, alta, magra, sexy. Sembri una Barbie. Una Barbie italiana ma sempre Barbie sei. Fammi vedere con le mani come le vorresti queste tette. Piene, eh? Tirate. Come Dolly Parton. Fantascienza. Più tette che anima”.

Credit: Tizza Covi, Rainer Frimmel – Vento Film

Gemma come Gelsomina

È la favola doppiamente animata di Vera Gemma: da un lato il delirio, l'euforia della bellezza e le amiche strippers (da maggio) alla ricerca di un voto sindacale in California, dall'altro il voler esaudire tutti i suoi desideri in una notte. “Ogni volta penso che questo lungo sogno prima o poi finisca” confida. “E invece non finisce mai”. Vera ricorda il carnevale agrodolce de La Strada di Fellini. Gemma come Gelsomina ma senza il saltimbanco-zingaro Zampanò. “Ho perso mia madre a diciannove anni e mio padre in un incidente stradale all'improvviso. Sono cresciuta con un forte senso della dignità nello sputtanarmi, fino in fondo, come essere umano. Ho sempre avuto pudore nel dolore. Ecco perché credo così tanto negli altri. I miei angeli custodi? Mia madre Natalia e mio padre Giuliano. Mio padre era con me a Venezia quando ritiravo il premio come miglior attrice, ed è qui oggi. Mio padre ci sarà sempre: lui sono io”.

Credit: Tizza Covi, Rainer Frimmel – Vento Film


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