Verdura a chilometro zero nello spazio: la lattuga si coltiva nella navicella
La startup genovese SpaceV, guidata dall’astronauta Franco Malerba, ha messo punto una serra adattiva per la coltivazione a bordo
di Leopoldo Benacchio
4' di lettura
Gli umani mangiano e gli astronauti non fanno eccezione. Finora siamo andati nello spazio con cibi liofilizzati nel primo periodo e ora con quelli sottovuoto, sempre più raffinati e appetitosi per la verità.
Ora però la situazione cambia: avremo città residenziali sulla Luna e su Marte, stazioni spaziali di tutti i tipi, pubbliche e private, e per finire turisti spaziali che, per il momento, stanno per aria poche ore, ma nell'immediato futuro non avranno poi esigenze tanto diverse dagli astronauti veri e propri.
Il cambiamento è anche una buona occasione di business per chi, come l'Italia, ha nel buon cibo una delle sue bandiere meglio riconosciute a livello internazionale. È in questa prospettiva che si pone SpaceV, una startup genovese formata da cinque soci, tutti molto qualificati nel loro campo, di cui uno, Franco Malerba, è anche il qualche modo il portavoce verso il mondo di noi terrestri.
Verdura fresca a bordo
Sì, perché lui è stato il primo astronauta italiano, e uno dei pochi civili, anche se era in realtà ufficiale della marina, sia pur di complemento. Lui il cibo che davano nello Space Shuttle, partito il 31 luglio del 1992, lo ha mangiato, e forse per questo ripete spesso, parlando di SpaceV, che sta per Space Vegetables, che il loro prodotto permetterà di avere verdura fresca, e sottolinea fresca, in orbita o su Luna e Marte.
«La missione di SpaceV è fornire un contributo decisivo ai sistemi di supporto alla vita degli astronauti mediante efficaci produzioni agricole nei loro veicoli, migliorando così la sostenibilità dei viaggi spaziali con equipaggio, sia per l’esplorazione e la ricerca che per scopi turistici, nelle stazioni orbitanti attorno alla Terra e fino alla Luna e a Marte», dice Malerba per chiarire che cosa ha spinto a costituire questa startup che fruisce e applica, sostanzialmente, un brevetto di un’altra società, la Germina, che è considerata l'azienda madre.
Si tratta di una serra multilivello adattiva, che permette di aumentare la produzione, in un volume ristretto, di vari tipi di vegetali, dalla lattuga in avanti, con un notevole risparmio di energia e delle altre risorse di bordo.
Agricoltura di precisione
SpaceV ha acquisito questa tecnica brevettata dalla sua azienda madre. Germina, che ha sviluppato serre adattative multistrato per applicazioni terrestri per l'agricoltura di precisione, in serre verticali e in coltivatori domestici. Detto così sembra semplice, ma non lo è: se vogliamo visualizzarlo pensiamo a un mobile come un grande frigorifero da casa, diviso in ripiani, dove in ognuno è possibile impiantare e coltivare un differente vegetale.
Energia, aerazione e controllo totale dell'ambiente, anche a livello di ogni singolo ripiano, rendono la serra uno strumento nuovo e ottimizzato per le varie colture.
Ma non è tutto, anche se già questo è già molto rispetto all'esistente, la vera particolarità sta nel fatto che, man mano che le piante crescono, i vari ripiani possono distanziarsi se ce ne è bisogno per il benessere dei vegetali.
E questo è il vero segno in più rispetto al passato o ai concorrenti. In pratica si tratta di un hardware adattivo, irrobustito con la oramai onnipresente intelligenza artificiale, che arriva da un'idea terrestre e ora viene proposta per lo spazio, dove le condizioni ambientali sono molto più dure che a terra e dove risparmiare massa, volume, energia e acqua è una esigenza assoluta.
Obiettivo Stazione spaziale
L'idea della coltivazione di lattuga, per esempio, non è nuova ed è stata testata con successo sulla Stazione Spaziale Internazionale, ma qui si tratta di rendere la coltivazione facile e standardizzata, non sperimentale come è stato fatto finora, e il problema non è semplice dato che «le stazioni operative nello spazio e in futuro su suoli extraterrestre richiedono una straordinaria ottimizzazione di risorse scarse, come volume, acqua ed energia. La scarsità di queste risorse nello spazio sono altrettanti limiti, oggi, alla produzione sostenibile di ortaggi di qualità per gli astronauti», continua Malerba.
La serra multistrato su cui la startup sta lavorando ha come asso nella manica la capacità di adattare continuamente il volume tra i vari ripiani a seconda della crescita delle diverse piante, grazie a un sistema meccatronico che ottimizza la posizione degli scaffali, aumentando significativamente la resa della serra.
«Studi teorici dimostrano che questa soluzione può offrire un rendimento superiore di oltre l’80% rispetto alla tradizionale serra multipiano verticale, risparmiando molto volume ed energia», conclude Malerba che parla della necessaria collaborazione con una grande industria spaziale, come Thales Alenia Space, già leader nella fornitura di moduli abitativi per la Stazione Spaziale Internazionale per lo sviluppo e l’industrializzazione di questo innovativo prodotto, che domani magari potremo avere in cucina per avere verdura cresciuta direttamente fra le nostre mura.
In attesa di trovare un nome per questo innovativo oggetto che permetterà un maggior benessere agli umani decisi a cercare fortuna nello spazio, il progetto viene illustrato il 30 settembre a Torino all'interno della giornata, promossa da Fondazione E. Amaldi, Fante Group e Politecnico di Torino, su Energia, Spazio e Innovazione. Il Pnrr fa da sfondo.
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