Veroni leader nei preaffettati sul mercato degli Stati Uniti
L’azienda ha investito in un impianto di confezionamento per rispondere meglio alle richieste della piazza Usa
di Emiliano Sgambato
2' di lettura
La strategia di Veroni per affermarsi sul mercato Usa è stata chiara fin da subito: aprire un impianto nel New Jersey dove poter affettare e confezionare i salumi prodotti in Italia.
«Abbiamo portato lì il nostro know how anche grazie ad alcuni dipendenti che si sono trasferiti in america nel 2016 con le loro famiglie – racconta Emanuela Bigi, marketing manager del salumificio di Correggio fondato nel 1925 –. Questo ci ha permesso di fornire con il nostro marchio prodotti freschi in vaschetta, pronti per il consumo e in tanti formati. Così siamo diventati il primo marchio italiano negli Usa nel segmento del libero servizio (prodotti già confezionati ndr). Vuol dire che i distributori hanno apprezzato la nostra flessibilità e la logica di servizio e i consumatori la nostra qualità». I salumi – soprattutto prosciutto crudo e salame prodotti secondo gli standard richiesti oltreoceano, con trattamento Hpp (High pressure processing) – raggiungono gli Stati Uniti via mare, in container a temperatura controllata, per poi essere affettati e confezionati in atmosfera controllata nella sede di Logan.
Così nel 2021 Veroni ha registrato in Usa un incremento di fatturato del 23,7% rispetto al 2020, risultato che ha contributo a chiudere l’esercizio dell’azienda con un giro d’affari complessivo di 140 milioni di euro, in crescita sia rispetto ai 130 del 2020 sia ai 120 del 2019. E nel primo trimestre 2022 il trend oltreoceano è stato ancora più incoraggiante, con la piazza americana che è diventata la fetta più importante del 30% del giro d’affari realizzato all’estero (l’altro sbocco principale è ovviamente l’Europa). «La scelta fatta, forse coraggiosa e certamente complessa – commenta Stefano Veroni, presidente del Gruppo – ha conquistato il pubblico americano: sempre più clienti scoprono il gusto di mangiare italiano, imparando a investire sulla qualità di un prodotto molto diverso da quello a cui sono abituati».
Sul mercato interno dopo i primi mesi dell’anno in crescita, a marzo e aprile è arrivato il segno meno. Sul fronte dei consumi pesa, come in altri settori, l’inflazione e l’incertezza delle famiglie. Dal lato aziendale non può non preoccupare l’impennata dei costi di produzione (e il pericolo peste suina che potrebbe avere effetti devastanti sul settore).
«È presto per fare previsioni sull’anno, ma l’obiettivo è salvaguardare i margini anche a costo di sacrificare i volumi», commenta Bigi. In questo contesto è importante l’innovazione di prodotto, che punta a sfatare alcuni pregiudizi per avvicinare, ad esempio, nuovi consumatori alla mortadella, salume per cui è più conosciuta Veroni in Italia (la “gigante” nasce negli Anni 30) e che assieme al prosciutto cotto è la referenza più venduta. «La Briosa è una mortadella con il 40% in meno di grassi e il 30% in meno di sale e calorie. Per ottenerla non abbiamo sporcato la lista degli ingredienti ma abbiamo lavorato ad esempio sul tipo di carne utilizzata– spiega Bigi – la coscia, più magra, al posto della classica spalla. Importante è anche il tema sostenibilità, con una linea di confezioni in carta, packaging che siamo stati tra i primi a lanciare nel 2020». Un’altra novità su cui punta Veroni è BrioBrain, una colazione salata pronta all’uso in quattro varianti (con Giorgio Chiellini testimonial).
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