Versatili, eleganti: i vini giusti per accompagnare il pranzo delle feste
Quelli luminosi e nitidi come le luci sull’albero, quelli trasparenti e brillanti come il ghiaccio, quelli rotondi e avvolgenti come il calore di casa. I migliori bianchi da tavola.
di Barbara Sgarzi
3' di lettura
Il vino per le feste di Cantina Terlano arriva nella preziosa bottiglia “Sebastianina”, in omaggio allo storico enologo Sebastian Stocker, e con un calice da degustazione creato per l'occasione, il “Precision”, soffiato a bocca, quasi impalpabile, perfetto per percepire verticalità, complessità e ampiezza del vino. Idea regalo per Natale nella confezione speciale che contiene un calice e due bottiglie. Fate che dentro ci sia almeno un Primo Terlaner Grande Cuvée, giudicato nel 2018 da Decanter Magazine “Miglior Vino bianco al mondo”, altissima espressione dei tre vitigni identitari di Terlano: Pinot Bianco, Chardonnay e una piccola parte di Sauvignon.
Restiamo in zona, zona di grandissimi bianchi appunto, con Cantina Kaltern, storica cooperativa di produttori, e la sua quinta edizione della linea Quintessenz, cinque vini monovarietali interpreti dell'eccellenza vitivinicola sul lago di Caldaro. Tralasciamo per una volta l'iconica Schiava per concentrarci sui vitigni a bacca bianca: il consiglio per la tavola di Natale riguarda quindi il profumatissimo Pinot Bianco, il Sauvignon e, a fine pasto, il vellutato Moscato Giallo passito.
Un'altra collezione, la “Vigna”, che indica una vinificazione storicamente separata delle uve, per una delle regine dei vini altoatesini, Elena Walch. Nel 2022 per la prima volta l'uscita della nuova annata è stata posticipata da aprile a settembre, proprio per dare ancora più tempo all'affinamento e regalare maggior complessità, soprattutto al naso. Tra le etichette “Vigna” 2021 il Gewürztraminer Kastelaz 2021 e, dalla tenuta di Castel Ringberg, il Pinot Grigio, il Riesling e il Sauvignon. Volendo puntare solo su uno, il Kastelaz, da un'iconica vigna esposta a sud e con ben il 63% di pendenza, non delude mai.
Proseguiamo scendendo per lo Stivale, con un bianco che ha fatto la storia dello chardonnay in Toscana ed è arrivato alla sua quarantottesima annata. Frescobaldi Benefizio Riserva 2021, il primo vino italiano fermentato e affinato in barriques, arriva dalla tenuta di Castello Pomino grazie all'intraprendenza di Leonia degli Albizzi, che nel 1855 introdusse questa varietà internazionale, insieme al pinot nero e bianco. Elegante, espressivo, profumato di fiori d'arancio, frutta bianca ed esotica, mantiene un sorso fresco e sapido e un finale lunghissimo.
Sempre Toscana, ma tutt'altre suggestioni per l’IGT Bianco di Ampeleia 2021. Un bianco diverso, da una cantina maremmana che lavora con biologico e biodinamico, molto interessante, per stupire gli ospiti e per piatti di Natale magari un po' più lontani dalla tradizione, che contemplino anche spezie e sapori etnici. Nasce dal recupero della tradizione della vigna co-plantata, dove insieme convivono Trebbiano, in grande predominanza, Malvasia Bianca e Ansonica, che poi ritroviamo nel bicchiere.
La versatilità dello chardonnay, vitigno tra i più diffusi al mondo che assorbe e interpreta le peculiarità dei diversi territori nei quali cresce, torna in Chiarandà 2019, Contessa Entellina Doc di Donnafugata. Un naso complesso e intenso dove si rincorrono le note fruttate di mela golden e pera, il tostato delle nocciole e la fragranza del fieno, con un sorso fresco e sapido. Affinato in parte in rovere, in parte in vasche di cemento e infine per quasi due anni in bottiglia, è ampio e strutturato, capace di esaltare anche preparazioni culinarie complesse, crostacei, pesci affumicati e quaglie arrosto.
Nel 1800, Re Ferdinando IV incaricò l’esperto Felice Lioy di migliorare la qualità dei vini siciliani. Lui cominciò separare i grappoli in base alla qualità, sperimentò una macchina per diraspare, fece costruire la Real Cantina Borbonica di Partinico e vinificò uve di vigneti nei dintorni della tenuta Cusumano di Ficuzza. Un aneddoto storico che ha acceso la fantasia di Diego e Alberto Cusumano che si sono chiesti: com'era, il vino del Re? Non c'è documentazione, ma loro hanno immaginato uve indigene, terroir unico, maturazione sulle fecce sino alla vendemmia successiva, perché le botti sarebbero servite per la nuova annata. Da queste sperimentazioni è nato Salealto, un “vin du Terroir” di Ficuzza, ottenuto da Inzolia, Grillo e Zibibbo in parti uguali, vinificati separatamente poi affinati insieme. Dalla tavola del Re a quella di Natale a casa vostra.
Per il dessert, il vento caldo del sud e il sole che ha appassito le uve sui graticci ritornano se stappate il pluripremiato Na’Jm, Malvasia dolce delle Lipari Passito della cantina eoliana Colosi. Bouquet di fico, gelsomino, mandorle e miele, matrimonio perfetto con dolci al cucchiaio e mascarpone.
Per uno straordinario vino da meditazione, ma anche per accompagnare formaggi erborinati e stagionati e frutta secca un altro, particolarissimo Gewürztraminer, il Terminum vendemmia tardiva 2020 di Cantina Tramin. Grazie alla formazione di botrytis, la muffa nobile, i profumi sono un caleidoscopio di pesca, albicocca, litchi, mango, miele, mentre il sorso, speziato, con sentori di burro caramellato è in perfetto equilibrio tra dolcezza e freschezza.
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