gli obiettivi

Verso una società «moderatamente prospera»

di Stephen Roach

Il presidente cinese Xi Jinping (Bloomberg)

4' di lettura

I Congressi quinquennali del Partito comunista sono quei rari eventi in cui dogmi e rituali si combinano ad autoanalisi e strategia. Il 19esimo Congresso nazionale, che si è tenuto questo mese, non ha fatto eccezione.

Nonostante la suspense su eventuali cambiamenti alla guida del partito che in genere viene sciolta alla fine del Congresso (come effettivamente è accaduto), il rapporto politico che il presidente Xi Jinping ha letto il primo giorno ha avuto un impatto notevole ed è stato rivelatore sul Partito come sul Presidente. Il rapporto è il frutto di un attento lavoro di un anno per attestare il consenso da parte del massimo organo del partito, il Comitato centrale, composto da 205 membri.

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Particolarmente importanti sono le tre conclusioni del documento, che qui riassumo brevemente:

Le fondamenta ideologiche del “pensiero di Xi Jinping” sono state elevate allo stesso livello del “pensiero di Mao Tse-Tung”, innalzando Xi al di sopra dei suoi predecessori Hu Jintao e Jiang Zemin, e persino del tanto venerato Deng Xiaoping. Molto è stato scritto sul consolidamento del potere di Xi da quando è stato nominato Segretario generale nel novembre 2012, ma questa consacrazione lo rende ufficiale. Dopo soli cinque anni al potere, la leadership del Partito ha decretato Xi come una delle figure storiche della Cina moderna.

Il rapporto ripone molta fiducia in una Cina che è appena entrata nella “Nuova era”, ma citando il proverbio cinese per cui «l’ultimo tratto non è che la metà del viaggio», Xi ha prospettato un futuro ancora più ambizioso. La Cina infatti è concentrata su due traguardi al momento: portare a compimento la costruzione di una società «moderatamente prospera» entro il 2035 e poi affermarsi come grande potenza entro il 2050. Rispetto al passato, stavolta non vi sono obiettivi quantitativi legati a questi «due traguardi secolari» (poco in linea con la fondazione del Partito nel 1921 e la creazione della Repubblica popolare cinese nel 1949). È la celebrazione del tanto atteso processo di rinnovamento nazionale che Xi ha battezzato come il «Sogno cinese».

La terza conclusione e forse la più interessante, riguarda la «contraddizione principale cinese», concetto marxista che identifica un problema cruciale che richiede una soluzione. La contraddizione principale, pur essendo ellittica e ambigua, apre un ricco dibattito su rischi e opportunità, tattiche e strategie, riforme e governance, che contribuiranno a definire le future prospettive della Cina.

La novità è che con Xi, il Partito ha rivisto per la prima volta dal 1981 la sua contraddizione principale: se prima era percepita come un compromesso fra i bisogni della gente e «l’arretrata produzione sociale cinese», ora è vista come una tensione fra uno «sviluppo squilibrato e inadeguato» e «l’aspirazione sempre maggiore dei cinesi a una vita migliore».

Questa ridefinizione della contraddizione principale non è certo spuntata dal nulla e denota chiaramente un notevole cambio di prospettiva a livello nazionale, da Paese povero in via di sviluppo a società sempre più prospera, determinata a diventare una grande potenza. Ed è anche in linea con il monito lanciato dell’ex-premier Wen Jiabao che a marzo 2007 aveva dichiarato che l’economia cinese sta diventando sempre più «instabile, disequilibrata, scoordinata e non sostenibile».

Negli ultimi dieci anni, due piani quinquennali, il 12esimo varato nel 2011 e il 13esimo, varato nel 2016, oltre a un ricco piano di riforme adottate al cosiddetto Terzo Plenum nel 2013, sono riusciti a riparare gli squilibri persistenti e preoccupanti della Cina. Il rapporto politico di Xi non intacca la sostanza di quegli sforzi. Il fatto è che adesso quel processo di riequilibrio fa parte delle fondamenta ideologiche del Partito, è un pilastro fondamentale del pensiero di Xi Jinping.

L’attenzione del rapporto politico sulla contraddizione principale della Cina solleva anche importanti domande su cosa ancora manca alla strategia a lungo termine del Partito. Tre “contraddizioni secondarie” sono particolarmente significative sul fronte economico. Le delineo di seguito:

- C’è frizione fra il ruolo dello Stato e quello dei mercati sull’allocazione delle risorse. Era una contraddizione lampante delle riforme del Terzo Plenum del 2013 che si concentravano sulla combinazione apparentemente incoerente di un “ruolo decisivo” dei mercati e di un pronto sostegno alla proprietà statale.Il Partito ha creduto a lungo che questi due volti della vita economica fossero compatibili, la cosiddetta economia mista con caratteristiche cinesi. Il rapporto politico di Xi loda il modello di proprietà mista e aspira anche a un’economia guidata da grandi aziende dalla competitività globale ineguagliabile, ma sorvola sulla spinosa questione delle riforme delle imprese statali che potrebbero essere necessarie per risolvere questa contraddizione ed evitare lo spettro giapponese di un debito cronico.

- C’è frizione fra domanda e offerta. In linea con le recenti dichiarazioni degli alti funzionari cinesi, il rapporto fa capire chiaramente come le riforme strutturali sul fronte dell’offerta siano adesso le principali priorità dei decisori economici. La conseguente enfasi su produttività, innovazione, riduzione della capacità produttiva in eccesso e aumento della catena del valore nel manifatturiero e nei servizi è ritenuta il muro portante di tale sforzo.
Al tempo stesso, il rapporto toglie l’accento dalla spesa al consumo e dai servizi, che passano così agli ultimi posti delle priorità di un’economia modernizzata. Tuttavia, concentrarsi sull’offerta senza porre la stessa attenzione ai componenti fondamentali della domanda aggregata è una mancanza sconcertante e preoccupante.

- La terza contraddizione secondaria si può ravvisare nel contrasto fra il percorso da fare e il traguardo da raggiungere. Al di là dell’autocelebrazione che pervade il rapporto politico di Xi, c’è motivo di credere che l’economia cinese sia solo all’inizio della riforma strutturale tanto annunciata. Il settore dei servizi è in rapida crescita, pur essendo ancora allo stato embrionale, con solo il 52% del Pil, e i consumi delle famiglie, anch’essi in rapido aumento, sono ancora inferiori al 40 per cento.

La Cina potrà anche essersi instradata verso una Nuova Normalità o una Nuova Era, ma il traguardo finale è ancora lontano, con tante contraddizioni ancora da risolvere lungo la strada.

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