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Vertice Brics in Sudafrica: il caso Putin, i 40 Paesi in lista e l’ipotesi di un sistema valutario anti-dollaro

Il meeting di fine agosto a Johannesburg ha fatto parlare di sé soprattutto per il giallo sulla presenza del leader russo. La sua partecipazione è saltata, ma resta un’agenda ricca di sfide per gli - ex - emergenti

di Alberto Magnani

Putin non andra' in Sudafrica per evitare l'arresto

3' di lettura

La tensione si è attenuata con il passo indietro di Putin sulla sua partecipazione «dal vivo», l’incognita che aveva alimentato mesi di polemiche su scala domestica e internazionale. Ma i riflettori si accenderanno comunque, vista la posta e gli equilibri in ballo. Il 22-24 agosto il Sudafrica ospiterà a Johannesburg, la sua capitale finanziaria, il vertice dei Brics: il club di Paesi - ex - emergenti formato da Brasile, Russia, India, Cina e lo stesso Sudafrica. I leader attesi sono 69 e fra gli auto-candidati alla partecipazione ci sarebbe anche il presidente francese Emmanuel Macron, interessato a un dialogo con il Sud del mondo intavolato nel vertice di Parigi sulle nuove architetture finanziarie.

Le cronache erano state monopolizzate dal tira e molla sull’approdo del leader russo, un’impasse che imbarazzava Pretoria perché l’adesione sudafricana alla Corte penale internazionale dell’Aia avrebbe imposto la cattura immediata dello «Zar». Il 19 luglio è arrivata la conferma del dietrofront, un «mutuo accordo» fra il Sudafrica e il Cremlino che scongiura sia il rischio di una rottura diplomatica fra i due Paesi sia quello, ancora più eclatante, di uno scontro aperto tra Pretoria e partner occidentali sempre più irritati dalle sintonie con il Cremlino dell’economia più industrializzata dell’Africa. Il presidente sudafricano Ramaphosa ha dichiarato che l’arresto sarebbe equivalso a un atto di guerra verso Mosca, non la premessa migliore del forum economico «e umanitario» che si terrà a San Pietroburgo il 27 e 28 luglio fra i Paesi del Continente e la Russia.

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Sooklal (Sudafrica): 40 Paesi chiedono l’ingresso nei Brics

Ora l’attenzione può spostarsi sull’agenda del convegno annuale, con le varie ambizioni e sviluppi attesi sul tavolo sudafricano: dall’espansione del club a nuovi attori di peso alla suggestione di un polo valutario alternativo al «dominio del dollaro» Usa.

Sul primo fronte, quello dell’espansione, sono gli stessi leader del polo a evidenziare quanto si stia allungando la lista di attesa degli aspiranti membri Brics. Anil Sooklal, ambasciatore sudafricano presso il club, ha ricordato che circa 40 economie hanno fatto richiesta di aderire al blocco che si propone come alternativa finanziaria e politica all’asse Usa-Ue sul versante occidentale. Il bilancio è di 22 domande formali e «almeno altrettante» espresse informalmente dai capi di Stato e di governo che planeranno su Johannesburg a fine agosto, seconda tappa di un meeting fra ministri a inizio giugno.

L’elenco degli aspiranti membri include «le principali economie del Sud», ha rivendicato Sooklal, citando fra gli altri Arabia Saudita, Argentina, isole Comore, Cuba, Emirati Arabi Uniti, Iran, Repubblica democratica del Congo. Le liste trasparse finora sui media includono anche economie di peso nelle rispettive regioni come Egitto, Messico e Nigeria. La formazione attuale dei Brics rappresenta il 42% della popolazione mondiale e detiene l’equivalente del 31,5% del Pil globale, contro il 30,8% delle economie ricche nel club del G7. L’innesto di una quota sempre più robusta di Paesi ne accrescerebbe il peso economico e politico, favorendo le ambizioni di controbilanciare lo «strapotere» dei Paesi ricchi. A oggi, nonostante il sorpasso sul Pil e l’impatto demografico, i membri del gruppo si accontentano del 15% dei diritti di voto a Banca mondiale e Fmi.

L’ipotesi di un polo alternativo al dollaro

Il secondo fronte è quello più delicato, la discussione di un meccanismi valutari che favoriscano un polo alternativo al dollaro Usa. L’ipotesi non è inedita e si allinea a uno dei principi fondanti del blocco Brics, la riduzione della dipendenza dal biglietto verde e la spinta su un sistema finanziario affrancato dalle linee guida di Washington. Il momento a propizio, nel suo impatto politico, visto il clima di tensione scatenato dalle sanzioni alla Russia e i timori di una girandola di default dei Paesi con debiti denominati in dollari Usa. Da qui a parlare di una «moneta Brics», come emerso da alcune voci, il passo è tutt’altro che breve e non si compirà in tempi stretti.

Anche se il presidente brasiliano Lula e il ministro degli Esteri Lavrov hanno caldeggiato l’ipotesi, il progetto di una valuta ad hoc non sarà sull’agenda ufficiale del summit di Johannesburg. Lo ha escluso lo stesso Sooklal, echeggiando le perplessità espresse da altre fonti del circuito Brics. Le autorità indiane hanno chiarito che le valute rimarranno una «questione nazionale» a lungo, mentre la stessa banca centrale sudafricana ha evidenziato che l’adozione di una divisa unica richiederebbe uno sforzo di integrazione che non sembra ancora all’orizzonte: è il caso dell’unione bancaria e fiscale, due pilastri in fase embrionale anche nel perimetro dell’Unione africana. La spinta, per ora, si concentra su un modello multipolare svincolato da Washington. «I giorni del mondo dollaro-centrico sono finiti - ha detto Sooklal - Questa è una realtà».

Riproduzione riservata ©
  • Alberto MagnaniRedattore

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: inglese, tedesco

    Argomenti: Lavoro, Unione europea, Africa

    Premi: Premio "Alimentiamo il nostro futuro, nutriamo il mondo. Verso Expo 2015" di Agrofarma Federchimica e Fondazione Veronesi; Premio giornalistico State Street, categoria "Innovation"

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