Vertigine digitale da Sunnei, noir esistenziale di Drome, colore e luce per Emilio Pucci
Approccio dadaista per la collezione MM6, la linea parallela di Maison Margiela, nella video sfilata ambientata in un locale notturno anni venti
di Angelo Flaccavento
3' di lettura
Sfilare in video, qualche lustro fa, pareva quanto di più innovativo e sorprendente. Solo i temerari lo facevano. Quando, a fine anni Ottanta, Rifat Ozbek collaboró con John Maybury ad un fashion videoclip, sembró il dischiudersi di un luminoso futuro a pixel vividi e narrative ellittiche. Oggi quel futuro è realtà ma il video sembra essere percepito da designer e pubblico, principalmente, come una punizione, una gogna da accettare perché inevitabile. L'insostituibilità della sfilata fisica, a questo punto, è fuor di questione, ma ribadirlo lamentandosi fa solo fermentare il malcontento.
Il momento richiede certi mezzi, e sarebbe bene esplorarli in lungo e in largo, che poi a volte le idee piú semplici sono le migliori. Con l'immediatezza vitale che da sempre li caratterizza, Simone Rizzo e Loris Messina, ovvero Sunnei, producono forse il miglior video della stagione: una sfilata che non è una sfilata, ma una messa in abisso, come in certa pittura manierista e poi barocca. In una lenta vertigine digitale, le immagini in movimento si rivelano sfondo di una seconda sfilata, e poi di una terza, fino a che tutto finisce compresso sullo schermo di uno smartphone, che è poi il vero mezzo di fruizione di tutto il prodotto. Lo sfondamento metalinguistico, l'aprirsi di scene in successione non solo anima la visione, ma espande la portata degli abiti: forme astratte, ondeggianti, percorse da geometrie ritmiche e colori acrilici in una follia da kitergarten che unisce esuberanza e comfort. È un incastro perfetto di narrazione e contenuto, ottenuto senza profusione di mezzi faraonici, anzi con grande laconicità, in un progetto che parla dell'oggi senza moralismi e senza trucchi.
Marianna Rosati, direttore creativo di Drome, abbraccia il mezzo filmico con pari entusiasmo, ma sceglie una chiave narrativa inquietante e torbida, da noir esistenziale. Guarda al David Lynch di Lost Highway e Mulholland Drive - l'invito alla visione è una videocassetta vhs, oggetto ormai vintage - e immagina la doppia vita di una serie di donne, manager con il suit di giorno, maitresse con la lingerie borchiata di notte. Il tema dell'io multiplo è topos caldo del pensiero e dello stile contemporanei: abbiamo tutti scoperto che la coerenza, se interpretata come ortodossia ai codici, è quanto di più limitante, perché oggi si può essere quel che si vuole, quando lo si vuole, come lo si vuole. Rosati alterna il tailoring preciso alla maglieria incollata al corpo, i languori in vestaglietta al corto sfrontato, usando la pelle, specialità della casa, con sapienza e inventiva.
Il video di MM6, la linea parallela di Maison Margiela, la piú legata ancora ai codici decostruzionisti del fondatore, è ambientato in un'atmosfera da locale notturno anni venti, un po’ come il Cabaret Voltaire di Hugo Ball e coordi dada. Dadaista è anche l'approccio sartoriale, in un turbinare di interni che diventano esterni, di davanti indossati dietro e viceversa, che rende il noto e familiare, con un gesto immediato, ignoto e sorprendente. È un gioco che oggi fanno in molti, ma la cui genitura è della maison fantasma, che lo aggiorna con una asciuttezza di oggi.
Da Emilio Pucci, infine, è il colore a dilagare, nel video come negli abiti, sulle gambe sempre scoperte ma mai nude, vivace ma desaturato, quasi estivo nella sua luminosità eppure discreto ed elegante. L'estate, del resto, è una condizione dello spirito per la maison fiorentina, anche se Emilio, il fondatore, aveva iniziato nel 1947 con un completo da sci. Il nuovo team stilistico, al lavoro da qualche stagione, continua a dialogare con l'archivio, scegliendo un registro lieve ed efficace, un tono fresco e dinamico. Con una identità così forte, del resto, bastano pochi tocchi per aggiornare, ma ci vogliono intelligenza e sensibilità. Qui si vedono.
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