«Vi racconto quando Berlusconi anticipò a Gorbaciov la discesa in campo»
L’episodio risale al 18 settembre del 1993, quasi trenta anni fa, quando, accompagnato dalla moglie Raissa, l’ultimo presidente dell’Unione Sovietica, ormai uscito di scena, andò a trovare Silvio a Villa San Martino
di Giancarlo Mazzuca
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Nel giorno della sua scomparsa, abbiamo letto molti ricordi sulla discesa in campo di Silvio Berlusconi e – come ha detto il premier Giorgia Meloni nel libro «Silvio in rosso e nero» che ho scritto con mio fratello Alberto – «in tanti, a guardare indietro, ora dovrebbero rivedere le critiche che gli mossero». Tra le tante ricostruzioni, posso aggiungere anche quella che ho vissuto in prima persona perché io sono stato, in effetti, tra i primi a conoscere la decisione del Cavaliere.
L’episodio risale al 18 settembre del 1993, quasi trenta anni fa, quando, accompagnato dalla moglie Raissa, l’ultimo presidente dell’Unione Sovietica, ormai uscito di scena, andò a trovare Silvio a Villa San Martino. In quell’occasione, il mio direttore, Indro Montanelli, mi mandò ad intervistare lo statista di Mosca. Ma quell’intervista non decollò mai perché Berlusconi preferì che Gorby visitasse il mausoleo - che ora torna, purtroppo, d’attualità - nel parco della villa che Silvio stesso aveva fatto costruire da Pietro Cascella per ospitare le tombe dei suoi parenti e degli amici più stretti.
A quel punto, sentendo aria di “scoop”, mi piazzai dietro ai due personaggi che, assieme a Gianni Letta, stavano andando a piedi verso quella grande cappella. E, ad un certo punto, ebbi la fortuna di ascoltare in diretta il grande annuncio: Berlusconi, di fronte alla grande incertezza che si stava respirando sul fronte politico, anticipò a Gorbaciov la notizia della sua discesa in campo che avvenne, poi, nel 1994. Un annuncio un po’ forzato perché, accanto a lui, Letta continuò a strattonare la manica della sua giacca per cercare (invano) di farlo stare zitto.
Una notizia in anteprima che, quando tornai al «Giornale», Montanelli non prese molto bene: lui non poteva accettare di avere un editore che fosse anche leader politico e, infatti, di lì a poco, salutò il Cavaliere per fondare un nuovo quotidiano, «la Voce».
Comunque, Indro non ruppe mai da Silvio anche se, di tanto in tanto, gli faceva qualche punzecchiatura quando era suo editore. Un giorno, invitato a pranzo ad Arcore con Marina e Pier Silvio Berlusconi, che gli dettero pure ragione, s’inventò un bel paragone per fotografare il Cavaliere: «Se viene a casa tua un grande pittore che ti mostra il tuo ritratto, un ritratto perfetto in cui c’è solo una piccola imperfezione al dito mignolo del piede sinistro, tu, di quel quadro, vedi solo quella piccolissima imperfezione e cominci a sbraitare». Sì, Berlusconi era proprio un perfezionista in tutte le sue scelte.
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