Appello

Via per il nord, Belluno in isolamento forzato

Berton (Confindustria): il prolungamento dell'A27 o uno sbocco deve diventare una priorità nell'agenda politica regionale e nazionale

di Barbara Ganz

Il fronte compatto tra categorie economiche e sociali guarda anche alle opportunità derivanti dai grandi eventi, a partire da mondiali di sci e Olimpiadi a Cortina

4' di lettura

La “liturgia della coda” si ripete ogni weekend: i cantieri lungo la statale Alemagna e sulla A27 creano imbuti e rallentamenti, tanto da spingere il sindaco di Longarone Roberto Padrin a chiedere, ancora all’inizio dell’estate, «partenze intelligenti ai turisti che scelgono le Dolomiti». Ma non è solo un problema di ferie, agostane o natalizie. Il traffico è tornato critico immediatamente dopo la fine del (primo) lockdown, un tempo che non è stato sfruttato per accelerare sui lavori in corso.

Tutta la mobilità del Bellunese – terra di turismo di montagna e di imprese, a cominciare dal distretto dell’occhialeria campione di export - è sotto pressione, e in attesa di quattro varianti (Tai di Cadore, San Vito, Valle e Cortina) che non saranno concluse prima del 2024. Fra i temi centrali c’è quello del passaggio a Nord: «Il prolungamento dell’A27 o comunque di uno sbocco a nord deve diventare una priorità nell’agenda politica regionale e nazionale. Non si può continuare a perdere altro tempo. Le categorie economiche sono state fin troppo chiare, la convergenza su questo tema è massima. Più in generale il Veneto non può perdere competitività e attrattività di fronte all’asse Milano-Bologna-Brennero», ha ribadito in diverse occasioni la presidente di Confindustria Belluno Dolomiti Lorraine Berton, rilanciando al tema del Veneto nelle nuove rotte economiche globali.

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Oggi, ha ricordato Berton, sul punto si registra la posizione unitaria e trasversale alle categorie – industriali, artigiani, sindacati – espressa già nel luglio 2019 dal Tavolo delle infrastrutture della Provincia di Belluno: «Abbiamo costituito un fronte comune a favore del territorio, chiedendo di affrontare senza paura il tema delle infrastrutture materiali e immateriali. Il tema di uno sbocco a Nord non è solo del Bellunese ma di buona parte del Veneto, che rischia di rimanere indietro sul fronte infrastrutturale. Questa provincia in particolare continua a soffrire un divario infrastrutturale cronico, cui si sommano un andamento demografico drammatico e una logistica sempre più difficile per le imprese: intervenire ora e non domani è un imperativo categorico per continuare a vivere e lavorare in queste terre».

Un fronte compatto, dunque, con le categorie economiche e sociali pronte a fare la loro parte per far ripartire un territorio che mostra ancora i segni della tempesta Vaia, due anni dopo, ma che guarda alle opportunità derivanti dai grandi eventi, a partire da Cortina 2021. «Adesso non ci sono più alibi: è il momento dell’operatività senza se e senza ma», sottolinea Berton che ha consegnato, a nome di tutte le categorie presenti nel Tavolo delle Infrastrutture, una lettera unitaria al governatore del Veneto Luca Zaia dove si chiede di «andare avanti con il progetto di una strada a scorrimento veloce verso Nord oltre che nella realizzazione concreta delle opere di miglioramento sul fronte della viabilità interna, della difesa idrogeologica e della banda larga».

Ma quale sbocco a Nord?

Fino a Tai, già previsto nel Ptcp (il piano territoriale di coordinamento provinciale votato nel 2009) o magari fino a Lienz?

Il dato nuovo, sul fronte della mobilità, è la crescente diffusione di mezzi ecologici che riducono emissioni e inquinamento rendendo l’autostrada non più temibile della ferrovia, e che possono fare rivedere alcune posizioni; e c’è anche una possibile sponda con l’Austria, visto che anche in Carinzia si inizia a ragionare su uno sbocco, questa volta a Sud, che potrebbe coincidere con il progetto bellunese.

La mobilità potrebbe essere anche una ricetta anti spopolamento. La provincia di Belluno - segnala chi ci vive e ci lavora, continua a soffrire un divario infrastrutturale cronico, cui si sommano un andamento demografico drammatico e una logistica sempre più difficile per le imprese. E un modello al quale guardare per lo sbocco a Nord è quello del Brennero, pensando alla necessità di mettere in contatto il territorio veneto, in particolare l’Asse del Piave, con l’Europa centrale.

«Dobbiamo fare uno scatto di orgoglio: progettare il nostro futuro all’insegna delle migliori tecnologie e della sostenibilità. Per questo, dobbiamo essere noi, abitanti e operatori della montagna, e non altri a dettare la linea ed essere fautori del nostro futuro», è la tesi degli industriali (le imprese associate sono quasi 400 con oltre 20mila addetti. Quella di un progetto di un collegamento Venezia Monaco – passando per il Bellunese, l’Austria e infine la Baviera – è una delle maggiori incompiute – solo immaginate – degli ultimi 30 anni – per un tracciato di circa 280 chilometri ancora tutto da definire fra le opposizioni di molte associazioni ambientaliste e dell’Alto Adige. Una autostrada, o anche solo una superstrada, per dare ossigeno all’export di 500mila aziende, ha spiegato Mario Pozza, presidente della Camera di commercio.

Quello che serve è un piano che tenga conto dei grandi corridoi europei, per non nascere già vecchio, e di sostenibilità finanziaria, per almeno 7/8 miliardi, che servirebbero a togliere Belluno da una posizione periferica.

Eppure, quando nel 2019 si è aperto il bando europeo CEF (Connecting Europe Facility) che finanziava con 100 milioni studi di fattibilità per nuovi corridoi tecnologici all’interno dell’Unione, la Regione Veneto non ha nemmeno partecipato a causa del mancato coinvolgimento dell’Austria.

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