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Via libera del Senato all’indennità di discontinuità per i lavoratori dello spettacolo

Il disegno di legge delega istituisce un reddito di continuità per gli artisti per i periodi di inattività e riconosce i tempi di preparazione, formazione e studio per il lavoro effettivo. La parola ora passa alla Camera

di Giuditta Giardini e Marilena Pirrelli

(disq - stock.adobe.com)

4' di lettura

L’introduzione della indennità di discontinuità segna uno spartiacque tra il prima e il dopo per le lavoratrici e i lavoratori delle arti creative e dello spettacolo dal vivo. Inizia così un nuovo corso nella legislazione in materia, corso partito nel gennaio 2021 quando il senatore del Pd Francesco Verducci, vicepresidente della Commissione Cultura a Palazzo Madama, e il deputato dem Matteo Orfini avevano depositato in Senato e Camera il testo del disegno di legge per lo “Statuto sociale dei lavori nel settore creativo, dello spettacolo e delle arti performative”. La proposta ha cercato di riportare al centro del dibattito politico e dell’agenda del paese il settore dello spettacolo a lungo trascurato. Il 18 maggio il ddl ha finalmente ricevuto l'approvazione del Senato, in risposta alle istanze delle realtà associative della produzione culturale dal vivo, soprattutto nel periodo Covid. Per il deputato Orfini si tratta di “un passo davvero importante, per certi versi rivoluzionario: per la prima volta si immagina un sistema di welfare innovativo disegnato sulle caratteristiche specifiche di queste professioni.”

Chi è dentro e chi fuori

L’indennità di discontinuità è destinata a musicisti, attori, autori e tecnici del settore, restano fuori gli artisti visuali e le altre figure del sistema dell’arte (curatori, project manager, producer, graphic design e illustratori, allestitori, assistenti di studio d'artista, archivisti fotografi e videomaker, educatori museale e mediatori culturale e molti altri). Pur con queste lacune da colmare, per la prima volta viene riconosciuta la natura intermittente delle professioni dello spettacolo dal vivo. Una svolta importante, chiesta con forza dagli artisti durante i mesi di chiusura per la pandemia, scesi in piazza per chiedere al governo nuove forme di protezione per risollevare le condizioni precarie esacerbate dalle chiusure.

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Questo reddito punta finalmente a tutelare i lavoratori dello spettacolo nei momenti di inattività o durante i periodi di studio e formazione, momenti essenziali nelle professioni artistiche, professioni che allo stato attuale non percepiscono un reddito stabile e non hanno la possibilità di versare i contributi previdenziali in maniera continuativa. Spetterà al governo, una volta approvata la legge, definire l’importo e quali categorie avranno diritto ad accedervi. Non a caso il testo prevede anche l’istituzione presso il ministero della Cultura di un registro unico dei lavoratori che operano nel mondo dello spettacolo.

«Ora dobbiamo correre per l’approvazione alla Camera e per i decreti attuativi. Dobbiamo correre e correremo» dice il ministro della Cultura Dario Franceschini. Il testo infatti ora deve approdare a Montecitorio per il sì definitivo, dopodiché il governo, entro 12 mesi dall’entrata in vigore, dovrà predisporre i decreti legislativi con cui verranno stabilite le modalità di attuazione, compresi gli importi del reddito. La legge è passata con il voto compatto della maggioranza, a favore Pd, Iv, M5s, Lega e Forza Italia, mentre Fratelli d’Italia che in Commissione aveva definito il testo “insufficiente”, si è astenuta.

Lo spettacolo nell’agenda politica

La proposta Verducci-Orfini è partita dal basso, dalle esigenze dei lavoratori e questo si intuisce dalla possibilità di convertire i disposti dell'articolato in soluzioni pratiche alle problematiche professionali degli artisti. Si tratta del primo capitolo di una trilogia che, come anticipa Orfini, avrà per soggetti: “oltre allo statuto sociale dei lavori dello spettacolo, la riforma e riorganizzazione delle associazioni ed imprese creative, e, infine, il sostegno dei luoghi diffusi della cultura”, live club, piccoli teatri, circoli associativi, “dove nasce l’educazione alla cultura”. “È stato un lavoro complesso - commenta Orfini - durato quasi due anni e reso possibile dal continuo confronto con i lavoratori del settore che hanno contribuito a pensare e scrivere queste norme”.

Ora il ddl passa alla Camera. “Quando lo avremo approvato anche alla Camera bisognerà poi completare l’opera recuperare i finanziamenti adeguati”. Nel 2021, Maurizio Roi, presidente di Left Wing e Mediartecultura-artbooking che ha contribuito alla stesura del testo, intervistato sull’avanzo patrimoniale della gestione speciale del F.P.L.S. (Fondo Pensioni Lavoratori dello Spettacolo) dichiarava che al 31 dicembre 2019 era pari a 5,4 miliardi di euro e che ogni anno l’avanzo risulta di 300 milioni di euro. “La persistenza di questo significativo avanzo dovrà indurre il legislatore a considerare anche la necessità di stabilire norme che consentano una redistribuzione sufficiente ed efficace della ricchezza prodotta dal settore creativo e delle arti performative in termini di welfare strutturale”. L'onorevole Orfini è fiducioso nel l'approvazione del disegno all Camera e ipotizza di “andare a regime già dal prossimo anno”.

Cosa resta da fare

Chi sembra per il momento restare ancora fuori dal Ddl spettacolo dal vivo sono i lavoratori dell’arte: Art Workers Italia (Awi) da marzo 2021 ha apporto, su invito della VII Commissione e XI Commissione del Senato, proposte di modifica e integrazione sul testo unificato del Ddl “Disciplina del lavoro nel settore artistico e creativo - AA.SS. 2039, 2090, 2127, 2218” (precedentemente Ddl 2127 “Disposizioni sul riconoscimento della figura professionale dell’artista e sul settore creativo” e Ddl 2039 “Statuto sociale dei lavori nel settore creativo, dello spettacolo e delle arti performative”). Le proposte sono orientate all’inclusione dell'artisti visivi, delle sue specificità, delle attività e delle professioni ad esse correlate nei testi del Ddl, dove erano totalmente assenti. Una recente ricerca di Awi ha fatto emergere che l'arte contemporanea è un settore in cui l'80% dei lavoratori è costretto a cercarsi un doppio lavoro. Anche qui il riconoscimento della continuità del lavoro è ancora lontana dall’essere riconosciuta.

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