Torino

Viaggeremo di meno, un’opportunità per scoprire gli italiani, parola di Ilaria Bonacossa

La pandemia ha fermato l'internazionalismo estremo già in discussione per il problema ambientale. Il sistema dell'arte è ripartito, ma la fascia media fa ancora fatica

di Silvia Anna Barrilà

(foto GiorgioPerottino)

4' di lettura

Si chiude oggi a Torino la 28ª edizione della fiera per l'arte contemporanea Artissima (5-7 novembre), tornata in presenza negli spazi dell’Oval dopo la pausa imposta dalla pandemia. Prevale la pittura, ma tengono fotografia e scultura, sono pochissimi i video. Il tema è ’Controtempo’ mutuato dal mondo musicale. Quattro le storiche sezioni: Main Section, New Entries, Dialogue/Monologue e Art Spaces & Editions. La direttrice artistica Ilaria Bonacossa racconta ad Arteconomy ll'andamento del mercato e le sfide future.

Com'è ripartita la fiera?
Siamo soddisfatti perché c'era il pubblico che cercavamo, con tante presenze anche dall'estero, cosa che in questo momento non è scontata. Le gallerie sono state contente della prima giornata, ma la fiera comunque dura quattro giorni. Una delle conseguenze del Covid è che il lavoro viene distribuito su tutte le giornate della fiera, i collezionisti si prendono il tempo per pensare.

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La logistica ha funzionato?
Sì, siamo molto contenti anche di come sia andata la logistica Covid. Ci abbiamo lavorato due anni perché l'anno scorso c'è stato un momento in cui pensavamo che avremmo potuto aprire, per cui avevamo già immaginato gli ingressi. Ha funzionato bene l'accoglienza Vip all'esterno e abbiamo allestito anche una tenda per tamponi rapidi per chi non ha un Green pass occidentale, o chi deve prendere un volo per ripartire.

La fiera è riuscita ad attirare le gallerie internazionali?
Hanno aderito 154 gallerie da 37 paesi. Prima avevamo il 60% di straniere, ora il 50%, quindi la fiera ha retto bene. Siamo riusciti anche a costruire un Hub India, nato dalla collaborazione con otto gallerie indiane, che poi ha trovato il sostegno pubblico e privato, per cui si è allargato ad altre gallerie. Per le gallerie è stato un'ottima opportunità di partecipare con un rischio moderato, perché non dovevano affittare ciascuna un singolo stand.

Perché la scelta di non allestire in fiera le sezioni curate come Back to the Future, Disegni e Present Future, e lasciarle invece in formato digitale?
Devo dire che sono fiera della piattaforma online che abbiamo creato nel 2020. Già l'anno scorso avevamo iniziato a lavorare alle sezioni curate e avevamo un po' di nomi, ma non era possibile portarle tutte in fiera, perché le gallerie di queste sezioni sono sempre state gallerie provenienti da paesi globali. Allora per non buttare via la ricerca fatta e non limitarci solo alle italiane, abbiamo deciso di presentare la sezione in parte online e in parte fisicamente in fiera. La mostra collettiva in fiera rappresenta un vantaggio per le gallerie, perché permette loro di contenere molto i costi di trasporto delle opere e per gli spostamenti delle persone.

Ci segnala alcuni highlight in fiera?
C'è la mostra del nostro nuovo main partner Intesa Sanpaolo con artisti legati alla storia di Torino. Poi c'è un'importante presentazione di Richard Long da Tucci Russo e c'è Lia Rumma che festeggia 50 anni di attività. Interessante l'esperimento di KOW e Jocelyn Wolff che hanno presentato insieme uno stand curato. Michela Rizzo ha puntato sulla performance. E poi ci sono le 25 New Entries, gallerie che hanno aperto negli ultimi quattro anni e partecipano per la prima volta. Le stimo molto, ci vuole fegato ad aprire in questo momento. Il nuovo partner Intesa Sanpaolo è subentrato a Unicredit, che ci ha aiutati molto ma ha avuto un momento in cui ha allentato il suo impegno nell'arte. Intesa è un istituto molto legato al territorio e aprirà le Gallerie d'Italia a Torino, quindi, è stata per noi un'importante opportunità al momento giusto.

Avete stretto alleanze con altri nuovi partner?
Abbiamo confermato i nostri sostenitori storici, che ci hanno sostenuti anche durante la pandemia, infatti, i premi sono stati assegnati anche nel 2020. Quest'anno si sono aggiunti due nuovi premi: quello promosso da Xiaomi, leader mondiale della tecnologia, e un nuovo fondo acquisizioni della Marval Collection dedicato ai giovani.

Le gallerie si sono lementate che non ci sono stati sconti o agevolazioni sui prezzi degli stand. Perché non ci siete riusciti?
Non abbiamo potuto fare sconti, anche se avremmo voluto, perché i costi organizzativi sono molto più alti del 2019, ma certamente siamo stati molto più flessibili nei termini di pagamento.

Qual è lo stato di salute del mercato dell'arte?
Il sistema è ripartito a giugno, quello delle cifre molto alte non ha mai mollato, e anche quello delle cifre basse si è mantenuto perché tanti collezionisti hanno comprato per sostenere le gallerie in questo momento difficile. La fascia che fa più fatica è quella media, dei 15.000-30.000 euro. In questo senso tornare in presenza è stato molto importante.

Come cambieranno le fiere in futuro?
Non ho la sfera di cristallo, ma posso dire quello che penso possa cambiare, cioè questo internazionalismo che era già in discussione per la questione ambientale e che poi il Covid ha fermato completamente. In futuro non sarà più ovvio che tutti andremo dappertutto. Questo non significa che il mondo dell'arte diverrà più locale, perché abbiamo altri strumenti per scoprire l'arte internazionale. Da un lato può essere anche un'opportunità per tanti artisti italiani che prima facevano fatica, perché i collezionisti – così come le case editrici – sono sempre stati molto esterofili. Anche le gallerie si sono trovate a fare più studio visit in Italia.

Sono arrivati i collezionisti dall'estero?
Ci sono certamente molti meno collezionisti sudamericani, che prima erano una presenza molto significativa. Ma ci sono stati tanti europei e anche nuovi collezionisti, per esempio danesi, svedesi, persino indiani per il focus geografico. Non è stato facile farli arrivare, ma abbiamo avuto il sostegno del console.

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