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Con oltre 60 mila micro e piccole imprese socie, 7 sedi e 150 collaboratori tra Marche, Umbria, Abruzzo e Molise, 80 milioni di mezzi propri e un obiettivo di produzione per quest'anno di almeno 150 milioni, con uno stock che si posizionerà su di un valore superiore al mezzo miliardo tra garanzie, credito diretto e fidejussioni, Uni.Co. è il confidi più grande del Centro-Sud Italia, grazie a un processo di aggregazione iniziato nel luglio del 2018 e che nei prossimi mesi potrebbe interessare anche il Lazio. «Abbiamo sentito l’esigenza di fare squadra e unire le forze in territori molto simili - spiega Paolo Mariani, direttore generale della società dal 2019 dopo un passato in Intesa Sanpaolo - per dar vita a un attore dotato di strutture e mezzi patrimoniali importanti e comunque adeguati alle sfide che andavano colte su quei territori.
Un progetto che combatte la frammentazione…
Un progetto di condivisione, intorno al quale sono state coinvolte esperienze provenienti da regioni diverse, che hanno visto in questa opportunità uno strumento nuovo
e diverso attraverso il quale continuare la propria mission operativa. Una iniziativa che ha cercato nei limiti del possibile di salvaguardare la specificità e le caratteristiche dei territori nei quali le varie cooperative lavoravano.
Che significa in termini pratici per le aziende poter contare su Uni.Co.?
Poter contare su una struttura qualificata professionalmente e dotata patrimonialmente e, per un intermediario finanziario vigilato, proprio la dotazione patrimoniale non è un elemento indifferente: vuol dire sostanzialmente, consentire l’accesso alla garanzia consortile, al credito diretto e alle fideiussioni per un più alto numero di imprese, cosa che le singole cooperative da sole non avrebbero potuto realizzare. Vuol dire anche maggiore solidità e credibilità nei confronti del sistema bancario, sia locale che nazionale.
Chi ha avuto più necessità di Uni.Co. in questi anni?
Durante la crisi pandemica tutti i settori hanno avuto esigenze. Se ne dovessi citare alcuni in particolare, direi le aziende della moda e della calzatura, cioè di quel mondo nuovamente colpito oggi dal conflitto russo-ucraino. Aggiungo all’elenco le imprese energivore, che stanno subendo gli sconquassi più pesanti.
Nei mesi più duri della pandemia il Consorzio è stato in prima linea nel garantire liquidità alle imprese…
Se si guardano i flussi erogati durante l’anno 2021, Uni.Co. ha concesso un rischio totale, tra finanziamenti garantiti, fideiussioni e finanziamenti diretti, pari a oltre 189 milioni di euro per circa 4.238 operazioni. L’anno scorso è avvenuta la fusione con Fidimpresa Umbria, che ha comportato la concessione
di garanzia e finanziamenti diretti pari a circa 18 milioni di euro per circa 386 pratiche. Senza dimenticare i risultati ottenuti con la legge 13 della Regione Marche, strumento fondamentale per risolvere le criticità connesse alla mancanza di liquidità sofferta dalle aziende.
Come è cambiata la società nel rapporto con le imprese?
La pandemia per certi versi ci ha avvicinati alle imprese, poiché ne abbiamo compreso l’esigenza di essere aiutate e sostenute
per superare il grande momento
di difficoltà.
Sono cambiate anche le banche?
Certamente è in corso un grande cambiamento del modello distributivo utilizzato dalle banche per gestire il rapporto con le imprese. Ritengo che un confidi come il nostro, che fa della relazione un elemento caratterizzante e distintivo, sia l'elemento che fa la differenza. Vanno bene quindi le nuove piattaforme Fintech e la digitalizzazione del rapporto, ma ritengo che una parte importante della relazione con le imprese comunque debba essere lasciata all’incontro fisico: il confidi non si può permettere nell’esercizio della sua valutazione di fondarla essenzialmente sul semplice
utilizzo di algoritmi
Che autunno sarà per Uni.Co.?
La crisi russo-ucraina, l’aumento del costo delle materie prime e dell'energia, le tensioni politiche con l'avvicinarsi della tornata elettorale prossima sono elementi destabilizzanti in un quadro che all'inizio dell'anno era visto in crescita: aumentano quindi per le imprese le sfide circa la sostenibilità dei bilanci. Ma le imprese vivono anche grazie alle persone che operano all'interno, le quali oggi fanno sempre più fatica a sostenere la propria vita con i livelli dei redditi percepiti.
Quali saranno, dal vostro osservatorio, le necessità a cui si dovrà far fronte guardando ai prossimi mesi?
Ritengo che le imprese per sopravvivere dovranno investire, sebbene gli investimenti necessiterebbero di un quadro economico-istituzionale più certo all'interno del quale effettuarli, mentre le incertezze probabilmente le spingeranno, almeno in parte, a ritardare questi investimenti. In sintesi, mi aspetto che i nuovi bisogni siano legati sia agli investimenti che alle necessità di liquidità.
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