Calabria

Villaggio Mancuso messo sotto tutela Si attendono progetti

Turismo in Sila

di Donata Marrazzo

 Una immagine della struttura negli Anni quaranta

3' di lettura

Nonostante il degrado, l’incuria e l’abbandono, resiste ancora la magia di Villaggio Mancuso a Taverna, nel cuore della Sila catanzarese. Per questo complesso architettonico di chalet e residenze il Segretariato regionale del ministero della Cultura per la Calabria ha emanato la disposizione di tutela, la più vasta che sia mai stata eseguita nella regione. Un provvedimento che potrebbe contribuire al rilancio di un’icona del territorio montano calabrese e del celebre Albergo delle Fate, che si trova all’interno dell’area ed è già tutelato dal ministero. Si attendono ora i progetti di riqualificazione. Pensato e realizzato negli anni Trenta del secolo scorso, è stato frequentato per anni da personaggi del cinema e dello spettacolo (da Sophia Loren a Silvana Mangano, da Amedeo Nazzari a Vittorio Gassman e poi Giovanna Ralli, Gigi Proietti e Oreste Lionello solo per fare alcuni nomi).
A 1.200 metri sul livello del mare, immerse in una grande pineta del Parco nazionale della Sila, le costruzioni, realizzate agli inizi del ‘900 dal visionario Eugenio Mancuso, sono testimonianza del passato glorioso di una montagna che ha attratto ospiti e visitatori da tutto il mondo. Nelle camere dell’albergo, come nelle baite lussuose, nel teatro con il salone da ballo, nelle sale di lettura, in quella della musica, nella nursery, nella boutique, nella chiesetta, nel night club, nel ristorante all’aperto, nel circolo sportivo, si ritrovavano attori, vip e famiglie reali. Villaggio Mancuso era fra i luoghi più attrattivi ed esclusivi della regione.
Alla fine degli anni Venti Eugenio Mancuso era un giovane imprenditore che operava nel settore del legname. Con una parte della produzione rimasta invenduta di pini, pioppi e ontani decise di realizzare un’opera straordinaria in una vasta area della Sila Piccola. Chiamò in Calabria i migliori maestri d’ascia di Belluno e riprodusse le ambientazioni tipiche delle Dolomiti con tetti spioventi, verande, torrette, balconcini e finestre colorate. E una maestosa struttura ricettiva arredata in legno con arazzi alle pareti.
Nacque così il “Villaggio Mancuso” con “Il Grande Albergo delle Fate”, concepito secondo la più moderna concezione alberghiera dell’epoca: era il 1931. Il periodo d’oro durò quasi mezzo secolo, anche grazie agli interventi di cura e restauro del figlio di Eugenio, Silvano Mancuso. Poi complesse vicende ereditarie e, nel 2000, la vendita dei manufatti alla famiglia Arcuri (dell’albergo, di alcuni chalet e della piscina) hanno cambiato il destino della località turistica. Oggi è un luogo fantasma, oggetto peraltro di una dura vertenza giudiziaria tra gli eredi della famiglia Mancuso e gli acquirenti.
«L’albergo è stato dichiarato bene di notevole interesse paesaggistico e architettonico dal ministero per i Beni Culturali, prima che venisse posto sotto sequestro a seguito di un incendio che ne danneggiò parzialmente il tetto – spiega Salvatore Patamia, segretario regionale del ministero della Cultura per la Calabria –. Ora il nostro vincolo esteso alle 18 villette, sottolinea definitivamente il valore artistico e storico del villaggio, opera maestra unica inimitabile, oltre alle sue potenzialità turistiche. La nostra presenza imporrà interventi e opere nel rispetto del suo stile caratteristico e delle tecniche costruttive originarie, per preservare l’estetica identificativa ed esclusiva del territorio».
Si tratta di tipologie uniche nel Meridione di Italia, un raro e importante esempio di destinazione turistica del primo Novecento: «Gli edifici, sia residenziali sia di fruizione pubblica, conservano la tipologia, le tecniche costruttive e i materiali originali – aggiunge Patamia – e rappresentano una testimonianza unica ma in via di estinzione della sapiente manifattura costruttiva della manodopera locale e di importazione. Il pregio di Villaggio Mancuso sta anche nella disposizione delle costruzioni e delle infrastrutture che segue l’orografia del terreno, la naturalità del sito e rispetta la disposizione delle strade originali, basate sui tratturi della transumanza delle mandrie, e dei ruscelli, che hanno fornito l’acqua per le numerose fontane pubbliche».

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