Vino, la fascia alta soffre di più la chiusura dei ristoranti: a rischio 2,8 miliardi
Veicolato attraverso bar e ristoranti il 30% della produzione vinicola italiana
di Giorgio dell'Orefice
3' di lettura
Uno dei settori che ha subito le maggiori perdite dal lockdown di bar e ristoranti è il vino. Escluso l’export e una quota per lo più trascurabile di e-commerce, in Italia circa il 70% delle vendite di vino avvengono nella grande distribuzione, il restante 30% invece prende la strada dei consumi “fuori casa”, ed in genere è anche quello che ha un prezzo medio più elevato. Secondo l’Osservatorio sul vino di Uiv (Unione italiana vini), nei canali horeca vengono consumati 7 milioni di ettolitri di vino l’anno per un giro d’affari di 2,8 miliardi.
A essere colpite dal black out della ristorazione sono le etichette che più hanno investito negli anni per posizionarsi su un livello di prezzo più alto. Una scelta inoltre che in qualche caso è di marketing, ma in altri è obbligata perché le dimensioni medio piccole di alcune aziende non consentono le economie di scala necessarie per competere in termini di prezzo sugli scaffali della grande distribuzione.
Questo segmento forse non rilevantissimo in termini di volumi ma significativo per fatturato sta vivendo una pesantissima crisi con la chiusura di bar e ristoranti e quindi sta cercando delle contromisure che vanno dal potenziamento dei propri siti di e-commerce, a un legame sempre più stretto con piattaforme di vendita online, fino al rafforzamento del rapporto con le insegne del delivery per le vendite dirette anche appoggiandosi ai redivivi negozi di prossimità.
È il caso ad esempio della altoatesina Hofstatter che normalmente veicola attraverso il canale Horeca l’80% della propria produzione. «Siamo presenti nei principali store online del vino in Italia – spiega il titolare Martin Foradori Hofstatter – e a marzo abbiamo registrato un +80% delle nostre vendite come sono cresciute del 70% quelle realizzate attraverso il nostro sito aziendale. Siamo certi che l’e-commerce sarà sempre più importante tuttavia al momento rappresenta ancora poco più del 5% del nostro fatturato». L’azienda di Termeno (Bz) si è inoltre attivata con videodegustazioni condotte dal produttore.
Da Nord a Sud con Stefano Girelli, titolare di due cantine bio in provincia di Ragusa, la Cortese e Santa Tresa. «Per imprenditori del mondo del vino come noi – spiega – che hanno scelto di affidarsi esclusivamente al canale Horeca, è un momento complesso. Stiamo cercando di mettere in campo una serie di iniziative online insieme ai nostri partner nel mondo che certo non sostituiranno bar e ristoranti, ma che ci consentono di mantenere attive una parte delle vendite. Oggi i nostri vini sono disponibili su Tannico è di certo abbiamo registrato un incremento delle vendite. Ma stiamo anche riscoprendo in Italia e all’estero i negozi di quartiere che si stanno attrezzando con servizi di wine delivery. È ad esempio un canale che sta rispondendo bene a Londra. Infine – conclude Girelli – stiamo riscontrando buoni numeri nelle vendite nei Paesi del Nord Europa da sempre attenti alle produzioni bio e sostenibili».
La strada delle promozioni online è anche quella seguita dalla cantina trevigiana Ca’ di Rajo dei fratelli Cecchetto. «Già disponevamo di uno shop online all’interno del sito – spiega Simone Cecchetto – e con l’inizio dell’emergenza abbiamo sviluppato ulteriormente questo canale di vendita con promozioni ad hoc che hanno portato a una crescita pari al +550% delle vendite e-commerce nel solo mese di marzo, rispetto a febbraio 2020. Abbiamo istituito inoltre un servizio di wine delivery gestito direttamente dalla cantina. All’estero invece risultati positivi stanno venendo da alcuni nostri partner che hanno rapidamente creato piattaforme online per la vendita anche B2B».
Per approfondire:
● Coronavirus, aumenta l’acquisto di vino online
● Coronavirus, cresce la domanda di vino a domicilio: +50% al Nord
● Vino italiano, cresce l'export (+3,6%). Stati Uniti primo mercato
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