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Vino italiano, record per l’export ma la Francia domina con gli Champagne low cost

I dati dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor presentati a Verona regitrano il decimo rialzo consecutivo: il fatturato è in crescita del 2,9% e supera i 6 miliardi di euro. Ma si allarga la forbice con la Francia

di Giorgio dell'Orefice

(Delphotostock - stock.adobe.com)

4' di lettura

L'export di vino made in Italy toccherà un nuovo record a fine 2019 ma non c'è molto da brindare perché l’Italia su alcuni sbocchi chiave cresce meno della media del mercato e, in genere, vede allargarsi la forbice con il principale competitor, la Francia.

Parigi in questi ultimi anni ha profondamente rivisto le proprie strategie di marketing lanciando offensive senza esclusione di colpi che l’hanno innanzitutto portata a riconquistare la leadership (ai danni dell’Italia che l’aveva detenuta per un decennio) sul primo mercato al mondo: gli Stati Uniti.

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Quella andata in scena tra Italia e Francia sul mercato del vino di questi anni è stata una vera e propria guerra nella quale non sono mancati i coup de theatre. Basti pensare a quanto avvenuto in questi mesi nel Regno Unito dove i francesi pur di riconquistare posizioni ai danni del Prosecco italiano hanno infranto il totem del valore lanciando un’offensiva a colpi di Champagne low cost.

Decimo record consecutivo
È quanto è emerso lunedì 25 dai dati resi noti dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor a Verona nell’ambito di wine2wine l’evento di formazione e networking organizzato da Vinitaly e in corso a Veronafiere. Eppure l’Italia non partirebbe da dati negativi. Con una proiezione a fine anno di un fatturato all’export di 6,36 miliardi di euro (in crescita del 2,9%) il vino made in Italy metterebbe a segno il decimo record consecutivo per il giro d'affari realizzato sui mercati esteri.

Un progresso però che non consente di tenere il passo della Francia che si avvia a superare per la prima volta l’asticella dei 10 miliardi di euro di fatturato all’estero con una crescita prevista rispetto allo scorso anno del 7,8 per cento. Tra i principali Paesi produttori fanno meglio dell'Italia la Nuova Zelanda (+10,2%) e il Cile (+5,8%) mentre arretrano Australia (-0,3%) e Stati Uniti (-3,7%).

Tuttavia per le esportazioni italiane non mancano alcune note positive come il forte recupero del mercato giapponese (+17%)dovuto in buona parte anche al recente accordo di libero scambio col quale sono state tagliate le tariffe sulle etichette italiane.
In forte ripresa è apparsa anche la Russia (+11,1%) e continua a inanellare risultati positivi il Canada (+6,2%).

Come accennato, continuano a regalare soddisfazioni al vino made in Italy gli Stati Uniti (+5%) che si confermano primo mercato al mondo, anche se l'Italia si colloca al di sotto dell'andamento del mercato (+7,5%) e soprattutto distante dal competitor Francia (che con una crescita dell'11,4% si avvicina al traguardo dei 2 miliardi di fatturato negli Usa contro gli 1,8 dell'Italia).

Effetto bolla pre-dazi per il vino francese
«Sul dato francese – ha spiegato il responsabile dell’Osservatorio Vinitaly-Nomisma, Denis Pantini – pesa però la corsa agli acquisti di vino francese effettuata dagli americani prima dell’avvento dei dazi voluti dal presidente Trump. Pertanto è molto probabile che a partire dai primi mesi del 2020 gli effetti dell’inasprimento tariffario si faranno sentire sui vini francesi e in particolare sulla fascia media dei rossi e sui rosé de Provence, segmento sul quale i francesi hanno basato le positive performance recenti».

Dal punto di vista merceologico il made in Italy è dato recupero con i vini fermi (+3,3%), che sono anche quelli che più hanno sofferto negli ultimi anni, mentre gli sparkling ovvero gli spumanti – protagonisti dell’exploit recente targato Italia – vedono la propria crescita rallentare a +5,8%, per effetto anche della contrazione in Uk.

Da dove nascono le difficoltà del Prosecco
Ed è proprio nel Regno Unito che si sta registrato una vera e propria guerra a colpi di flute con la Francia decisa a riconquistare a tutti i costi quote di mercato.
Un mercato che complessivamente secondo le stime dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma dovrebbe incrementare i propri acquisti di vino di circa l'8%. Un progresso di cui però non beneficerà il vino italiano previsto infatti in calo del 3%. Un risultato negativo dovuto proprio alla locomotiva che ha trainato negli scorsi anni le esportazioni italiane: gli spumanti.

Il segmento degli sparkling made in Italy infatti si avvia a chiudere l’anno Oltremanica con un calo nelle vendite del 6%. Un passo indietro del quale beneficiano gli Champagne che mettono a segno in Gran Bretagna un balzo di ben il 34% in un anno.

«La repentina inversione di tendenza nel Regno Unito – ha spiegato il dg di Veronafiere, Giovanni Mantovani – ha un motivo su tutti: la Francia nel Regno Unito pur di strappare quote di mercato al Prosecco italiano ha abbassato il prezzo dei propri Champagne di oltre il 25%, e questo rappresenta un evento forse più unico che raro per le bollicine transalpine».

D’altro canto nell'ultimo quinquennio il Prosecco nel Regno Unito era cresciuto del 163%. «Nel recente passato - ha concluso Denis Pantini dell'Osservatorio Vinitaly-Nomisma - lo scenario è mutato in modo repentino, basti pensare che solo nel 2013 lo Champagne valeva il triplo delle nostre bollicine, nel 2015 il doppio e nel 2018 si era visto sorpassare proprio dal Prosecco. Da qui è partita la rivincita francese”. All'Italia la prossima mossa.

Per approfondire:
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