Vino rosé da gustare oltre le mode: ecco come sceglierlo e abbinarlo ai piatti
I rosati italiani una volta poco considerati si stanno affermando velocemente e possono essere consumati anche a tutto pasto, non solo come aperitivo
di Cristiana Lauro
3' di lettura
I dati parlano chiaro: il consumo dei vini rosé è in aumento un po’ ovunque anche se fino a qualche tempo fa erano visti con diffidenza, quasi come si trattasse di tagli grossolani fra vini rossi e bianchi. Una specie di mischione da “piccolo chimico”.
Per sgomberare il campo da equivoci fuorvianti, chiariamo subito che il vino rosato non é il risultato di un mix disordinato fra bianco e rosso ma si ottiene lasciando il mosto a contatto con le bucce quel tanto che basta, in quanto più prolungata sarà la permanenza (l’unione, l’accostamento) e più carico sarà il colore. È utile ricordare, inoltre, che i migliori rosé vengono impostati per essere tali e non sono il salasso di un rosso più importante. Non credo di essere offensiva, ma penso che il rosato “salassato” sia un vino di risulta.
Ci sono alcune aziende (veramente poche a dirla tutta) che producono blend di vitigni a bacca rossa e a bacca bianca con buoni risultati e non si tratta di un’accozzaglia fra due vini, bensì di una scelta produttiva ben precisa.
Un buon vino, non solo trendy
La moda del momento – destinata pertanto a passare, poiché non ho dubbi che fra due o tre anni parleremo d’altro – chiede a gran voce i rosati dal colore appena accennato, detto anche “buccia di cipolla”. Quelli alla provenzale, alla francese, tanto per intenderci (e tanto per cambiare, aggiungo io). Vini rosé fin qui bistrattati e che oggi, purché francesi, in tanti sono disposti a pagare anche 50/60 euro in carta al ristorante. Ecco, un po’ troppo, a mio avviso.
La tradizione italiana
È bene tenere presente che la suddetta categoria di vini in Italia è sempre esistita e di solito non si faceva parlare dietro. Addirittura in alcune regioni come la Puglia – o l'Abruzzo coi suoi Cerasuolo – questa tipologia, sebbene di colore tutt’altro che “provenzale”, ha sempre visto consumi di tutto rispetto, a differenza di altre aree del nostro paese dove la moda si è affacciata di recente.
Diverso è il discorso del nord Europa, ad esempio, che ha sempre fatto largo consumo di rosé. Oggi un po’ ovunque in Italia si produce rosato di ottima qualità: da uve Sangiovese in Romagna, ma anche sulla costa toscana. Ci sono rosati molto appezzati e richiesti da Nerello sull’Etna e poi i Cerasuolo di Vittoria.
Insomma il rosato, se di qualità, è un ottimo vino che può essere consumato anche a tutto pasto, non solo come aperitivo. Se poi seguite la mia dritta dell’abbinamento cromatico come punto di partenza per la scelta, troverete molti piatti di pesce della nostra cucina tradizionale a lieve macchiatura di pomodoro che con un buon bicchiere di rosato si sposano perfettamente.
L’abbinamento cromatico
Il Cacciucco alla livornese, per esempio, è perfetto con un rosato della costa toscana, così da far diventare l’abbinamento cromatico anche regionale. Quella dell'abbinamento cromatico potrebbe sembrare una dritta per principianti ma datemi retta: non lo è! Anzi, molto spesso funziona, senza star lì troppo a ragionare col piatto davanti che poi diventa freddo.
Ma al di là dell’esterofilia – poco affine alle mie simpatie – è bene ricordare che la parola rosé è francese, quindi per questa categoria di vini occorre una riconoscenza storica nei confronti dei transalpini. Forse nel ’700, quando non esistevano le presse orizzontali ma soltanto i tini, gli champagne prodotti da uve Pinot nero e Pinot Meunier – ovvero la maggior parte – si presentavano prevalentemente di colore rosato. Potrebbe essere.
Ora che state diventando piccoli esperti di vini – più o meno rosé – e vi starete chiedendo cosa sia una pressa orizzontale, ma soprattutto tecnicamente come faccia l'uva a diventare vino, non vi viene curiosità di andare oltre? Il mondo del vino ha un fascino tutt’altro che scontato.
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