Vino, spirits e aceti: il 20% dell’export agroalimentare respinge gli attacchi Ue
All’Assemblea di Federvini istituzioni italiane compatte nel ribadire il contrasto a etichette irlandesi sulla dannosità del vino e nuove norme sul packaging
di Giorgio del’Orefice
3' di lettura
Un settore che vale oltre 20,6 miliardi di fatturato (10,5 legati all’export) conta 2.600 imprese e 30mila addetti e vale complessivamente il 21% dell'export agroalimentare made in Italy. È il comparto dei vini, degli spiriti e degli aceti. Un asset del made in Italy e che in questo frangente è fortemente minacciato dalle politiche Ue.
In primo luogo, dalla normativa irlandese sugli health warning in etichetta per avvertire il consumatore dei rischi legati al consumo di alcol senza distinguere tra consumo moderato e abuso. Ma, in una prospettiva, più ampia anche dalle nuove regole sugli imballaggi che privilegia il riuso al riciclo e punta alla standardizzazione del packaging e che in questo modo rischia di mettere in grave difficoltà le imprese del settore. Imprese per le quali gli imballaggi di vetro spesso sono luogo di maturazione del prodotto ma soprattutto un importante leva di marketing e di riconoscibilità presso il consumatore.
Sono stati gli argomenti al centro dell'assemblea di Federvini (la federazione dei produttori ed esportatori di vini, aceti, sciroppi, grappe e acquaviti) del 7 giugno.
«La scelta irlandese – ha commentato la presidente di Federvini, Micaela Pallini – mette sullo stesso piano consumo e abuso, senza intervenire sull’educazione ad un approccio responsabile e moderato e quel che è peggio è che si rivelerà sostanzialmente inutile. Sulla questione, l’Italia ha saputo muoversi compatta, istituzioni e imprese, ma dobbiamo ora continuare a fare squadra sul piano internazionale per evitare che il caso irlandese possa indurre altri Paesi a seguire la stessa strada. Le nostre imprese esprimono un patrimonio non solo produttivo ma anche iconico per la loro capacità di rappresentare il nostro Paese nel mondo. Alla base della decisione irlandese c’è la mancata comprensione che l’abuso si sradica e si combatte con l’educazione, non con il proibizionismo».
Su questi temi tuttavia, l’Italia è decisa a dare battaglia a Bruxelles come confermato nel proprio intervento all'assemblea dal ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida. «Quello del vino – ha spiegato il ministro – è un settore a valore aggiunto crescente che fa da traino al resto delle produzioni italiane. Ed è per questo che faremo di tutto a Bruxelles per contrastare la nuova ondata protezionistica che, senza distinguere tra consumo moderato e abuso, vuole penalizzare un prodotto presente da secoli nella nostra alimentazione e nella nostra cultura».
Un attacco che rientra, secondo il ministro, in una logica più ampia che si sta affermando in Europa e che vede privilegiare logiche di standardizzazione delle produzioni a scapito della qualità. E vede avvantaggiate quelle produzioni delocalizzabili a scapito di quelle legate ai territori.
«Contrasteremo queste derive – ha aggiunto Lollobrigida – e auspichiamo che con le elezioni europee del 2024 si possa arrivare a un cambio di passo in Europa con l’affermarsi di posizioni meno ideologiche e basate sulle evidenze scientifiche».
In questa ottica il ministro ha ricordato il forte gioco di squadra già messo in campo a Bruxelles dall’Italia con europarlamentari di ogni area politica schierati in difesa delle proprie produzioni agroalimentari. E, infine, non si è negato una battuta. «Ho provato a spiegare – ha aggiunto – al ministro dell’Agricoltura irlandese i pregi del nostro vino. Gli ho spiegato che siamo tra i Paesi più longevi al mondo anche grazie al vino, un prodotto che non è solo alcol ma anche polifenoli, tannini e altre sostanze che hanno effetti positivi sulla salute. E per spiegarglielo gli ho anche regalato una bottiglia di vino che lui ha accettato, ha detto che l’avrebbe bevuta in famiglia e ha dato tutta la colpa sugli health warnings al proprio collega, il ministro della Salute irlandese».
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