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Violazione cumulo reddito di lavoro e quota 100, esclusa la revoca della pensione per un anno

Il Tribunale di Lucca si è pronunciato sul divieto di cumulo reddituale

di Antonello Orlando

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2' di lettura

In caso di violazione del divieto di cumulo fra redditi di lavoro e pensione in quota 100, la giurisprudenza non conferma la revoca di tutte le rate di pensione annue disposta dall’Inps. A quattro anni dall’introduzione di questa forma di pensione anticipata, la magistratura di primo grado del Tribunale di Lucca si pronuncia a proposito del relativo divieto di cumulo reddituale.

Cosa dice la normativa

In base all’articolo 14, comma 3, del decreto legge 4/2019, il titolare di pensione quota 100 (così come delle ulteriori evoluzioni quota 102 e 103) fino al compimento dell’età pensionabile di vecchiaia è soggetto a un divieto di cumulo fra pensione e redditi di lavoro dipendente e autonomo, fatta eccezione per 5.000 euro lordi annui di lavoro autonomo occasionale. Secondo l’interpretazione dell’Inps, ufficializzata dalla circolare 117/2019, se una persona percepisce redditi incumulabili in un qualsiasi mese dell’anno di titolarità di quota 100 prima dell’età di vecchiaia, il pagamento della pensione è sospeso per tutto l’anno, con recupero dei ratei pregressi già erogati, in quanto indebiti.

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Il ricorrente

Il ricorrente della sentenza 42/2022 del Tribunale di Lucca, pensionato in quota 100 da aprile 2019, aveva svolto attività di lavoro dipendente tramite una agenzia di somministrazione per due giorni nel luglio 2019, percependo 148 euro lordi. Applicando la prassi sopra citata, Inps ha richiesto tutte le rate di pensione del 2019. Il pensionato ha incardinato un ricorso giudiziale.

La sentenza

Il giudice del lavoro di Lucca ha esaminato la vicenda alla luce del principio di proporzionalità, stabile nel nostro ordinamento anche per effetto di numerose sentenze della Corte di giustizia Ue. Citando decisioni comunitarie, di ambito fiscale, il Tribunale ha ritenuto non equa e proporzionale una sanzione che, a fronte di un reddito di 148 euro, commina la sanzione della revoca della pensione per l’intero anno, per un importo, in questo caso, quasi 56 volte superiore.
Il giudice ha censurato la prassi di Inps, ritenendo che la nozione di non cumulabilità debba interpretarsi nel suo significato letterale, escludendo cioè che la pensione anticipata possa sommarsi con il reddito da lavoro e che, conseguentemente, il reddito di lavoro percepito contemporaneamente a quota 100 prima dell’età di vecchiaia debba essere detratto dalla pensione stessa. Per la sentenza, l’incumulabilità genera un indebito sì, ma pari al solo importo percepito che si traduce, nel caso specifico, in una trattenuta sulla pensione pari ai soli 148 euro e non a tutti i ratei, tredicesima inclusa, richiesti da Inps.
La sentenza di Lucca segue l’orientamento già espresso al secondo grado di giudizio dalla Corte di appello di Firenze (sentenza 604/2022 del 4 ottobre).

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