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Virus in circolazione da settembre? Dubbi e certezze sullo studio dell’Istituto dei tumori di Milano

I ricercatori dell’Istituto dei tumori di Milano replicano ai dubbi sullo studio che dimostra come il coronavirus mutato era già presente in Italia molti mesi prima della denuncia della Cina

di Agnese Codignola

(kovop58 - stock.adobe.com)

4' di lettura

Da una parte uno studio italiano, pubblicato sulla rivista Tumori dai ricercatori Gabriella Sozzi e Ugo Pastorino dell’Int e Valentina Bollati dell’università di Milano, che sposta indietro le lancette dell’orologio della diffusione del Sars-CoV 2 in Italia di sei mesi e, con esse, mette in discussione quanto ritenuto accertato finora.
Dall'altra, visto il clamore suscitato anche a livello internazionale per le evidenti ripercussioni su ruolo della Cina, esperti italiani e di diversi paesi che pongono dubbi e domande.
Per fare chiarezza, gli autori, partecipando a una conferenza stampa che era già in programma, hanno risposto puntualmente alle osservazioni emerse, confermando la validità dei loro dati.

Ma andiamo con ordine. Era già in atto una collaborazione, per lo studio della prevalenza sierologica, tra Valentina Bollati e l’università di Siena, con il corollario fondamentale di Vismederi, spin off fondata da Emanuele Montomoli, ordinario di igiene della stessa facoltà senese, nel 2009, specializzata nella verifica della presenza e della tipologia degli anticorpi presenti nelle persone che partecipano gli studi di vaccinologia e non solo.

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La scoperta di anticorpi al Covid

Per esempio, ogni anno Vismederi controlla, per conto dei principali produttori, quanto sono efficaci o meno le nuove versioni dei vaccini antinfluenzali. Disponendo di migliaia di campioni (mille quelli utilizzati) di persone che partecipavano allo studio sulla diagnosi precoce del tumore al polmone chiamato Smile, è stato piuttosto logico cercare di capire se in quei campioni vi fossero anche anticorpi anti Sars-CoV 2. E così è stato fatto.
Il risultato ha lasciato tutti stupefatti, perché in più di un campione su dieci risalente all’estate 2019 erano presenti anticorpi specifici, che in 6 casi erano neutralizzanti.

Test sugli anticorpi: perché è valido

Una delle critiche più insistenti ha riguardato la specificità dei test sugli anticorpi: potrebbero aver identificato altri coronavirus, come uno dei 4 che causano un raffreddore e che sono presenti da anni in Italia, cioè non essere molto specifici, si è detto. A questo Montomoli ha risposto ribadendo che la specificità del suo test è certa: «Gli anticorpi che cerchiamo sono diretti contro una parte altamente specifica del Sars-CoV 2, chiamata RBD (sito di legame), prodotta su cellule (usata, non a caso, anche per alcuni dei vaccini). La possibile reattività crociata con altri virus (corona e di altro tipo) è stata controllata, e c'è sempre stata una risposta negativa. La metodologia è stata pubblicata sul Journal of Medical Virology in maggio, ed è a disposizione di tutta la comunità scientifica. È in base a quel test che la Cepi, l’organizzazione internazionale che sta supportano gli studi sui vaccini, ha certificato Vismederi e, con essa, solo altri 4 centri nel mondo, delegando l’azienda senese a verificare l’efficacia dei vaccini in studio contro Sars-CoV2. Con quello stesso test, in altri termini, si stanno controllando i sieri delle persone che stanno partecipando di 14 delle sperimentazioni sui vaccini».

E non è tutto. Sempre quel test è quello che ha consentito a Rino Rappuoli e ai virologi dell'Istituto Spallanzani di Roma di indentificare, tra i molti possibili sieri di pazienti guariti, l’anticorpo super potente su cui l’Italia ha investito molto, perché si spera possa portare a un monoclonale. Pertanto, se il test non è affidabile per lo studio pubblicato su Tumori, non dovrebbe esserlo neppure per le aziende che lo stanno usando per avere le risposte che tutto il mondo aspetta, o per gli studi di Rino Rappuoli.

Le tracce del Covid

Ma c’è di più. I dati ottenuti confermano quanto emerso dall’analisi delle fognature eseguite in Italia e in Spagna, anche se in quel caso la presenza di materiale genetico del Sars-CoV 2 era dell’autunno, ed è quindi successiva di qualche settimana. E confermano quanto scoperto su Amirouche Hammar, un uomo francese deceduto in dicembre per Covid, anche se teoricamente la malattia, in quel momento, non era ancora arrivata in Europa. E quanto intuito con l’insolito traffico negli ospedali cinesi a fine 2019 e con le segnalazioni relative ad Alzano Lombardo nelle settimane precedenti il paziente uno.

Inoltre, la presenza del virus potrebbe spiegare almeno in parte un dato segnalato in diversi studi, e cioè la presenza di quegli stessi anticorpi in persone di varie età che, teoricamente, non erano mai entrate in contatto con il virus, anche se in alcuni casi il rischio di cross reattività esiste, perché non sempre era disponibile un test altrettanto specifico.

I riscontri clinici

Infine, sono stati avanzati dubbi sul mancato riscontro clinico. Se il virus avesse infettato il 10% della popolazione (in questo caso si trattava, oltretutto, di fumatori o ex fumatori), si è detto, lo si sarebbe visto negli ospedali. Il campione dello studio non è rappresentativo: non era stato selezionato su criteri epidemiologici ma per lo studio Smile.
«Tuttavia - ha risposto Giovanni Apolone, direttore scientifico dell’Int - la vera prevalenza è ancora poco chiara, i dati non sono concordi nei diversi periodi e su questo è necessario avere altri dati, più accurati, che si spera saranno prodotti in futuro». Inoltre il virus si indebolisce con i raggi ultravioletti del sole, e colpisce meno duramente. «Anche quest’anno abbiamo vissuto la stessa cosa: gli effetti dell’estate si sono visti mesi dopo» ha aggiunto Pastorino.

Probabilmente, pensano gli autori, se ha causato polmoniti, si è trattato di casi sporadici, e nessuno ha pensato a qualcosa di diverso dal solito. I partecipanti saranno comunque rivisti a distanza di un anno per i controlli dello studio Smile, e questo aiuterà a definire meglio tutta la loro situazione, pregressa e presente. «In quella sede - ha aggiunto Pastorino - si verificheranno anche le Tac, perché le prime mostravano qualche lieve alterazione non solida, troppo incerta per esprimersi allora».

In generale, i diversi aspetti andranno approfonditi, hanno concluso, dalla comunità scientifica, perché ci sono ancora moltissime cose da capire, e il fatto che il virus sia arrivato prima in Europa non dice nulla sulla sua origine.Ciò dimostra, soprattutto, che la vera storia dello spillover e della diffusione nel mondo di Sars-CoV 2 deve ancora essere scritta.

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