Virus, positivi i primi test sull’uomo negli Usa. Come funziona il modello Moderna
I primi risultati del preparato anti-coronavirus dimostrano che in questi soggetti inseriti nella sperimentazione si è ottenuta la produzione di anticorpi specifi in modo sovrapponibile a quanto avviene nelle persone che sono guarite dalla malattia
di Federico Mereta
3' di lettura
Tutto è cominciato qualche settimana fa, quando una donna di 45 anni ha ricevuto la prima dose del vaccino a MRNA messaggero direttamente studiato per il virus Sars-CoV-2. Oggi, a distanza di poco tempo, giungono i primi dati dello studio di valutazione di questo candidato vaccino che è in corso su 105 persone: come è logico che sia, oltre al centro di Seattle si reclutano volontari anche ad Atlanta e in Maryland.
Cosa sappiamo finora
In attesa dei risultati definitivi sulla vaccinazione, che prevede due somministrazioni a distanza di quattro settimane l'una dall'altra, arriva però una notizia che apre il cuore alla speranza. I primi risultati del preparato anti-coronavirus – stiamo parlando di poche persone – dimostrano che in questi soggetti inseriti nella sperimentazione si è ottenuta la produzione di anticorpi specifici, in modo sovrapponibile a quanto avviene nelle persone che hanno superato l'infezione naturale, cioè sono guarite dalla malattia. Al momento i dati sono relativi a 45 persone di età compresa tra i 18 e i 55 anni, sottoposte a dosaggi diversi di vaccino. Ora si punta a procedure con le persone di età superiori.
Sul fronte degli effetti collaterali, oltre ad un caso di arrossamento nell'area dell'iniezione, ci sono stati casi di “sintomi generali” dopo somministrazioni delle dosi più elevate, che si sono però risolti da soli. Al momento ovviamente non si può già parlare di prevenzione efficace nei confronti dell'infezione. Siamo infatti nella Fase I della sperimentazione umana. E' però positivo che le risposte osservate interessano sia gli anticorpi con azione di “attacco” al virus sia quelli che sono in grado di bloccare l'infezione stessa, cioè gli anticorpi neutralizzanti. Siamo solo all'inizio ma questi dati sull'uomo aprono la strada alla fase successiva di sperimentazione, che mirerà a valutare l'efficacia clinica di questa modalità preventiva.
Come funziona
Moderna è una società specializzata in biotecnologie ed ha sede a Cambridge, in Massachussetts. Si occupa da tempo di creare mRNA (cioè RNA messaggero) sintetico, con cui mettere a punto diverse strategie di prevenzione e cura. In particolare questo vaccino mira alle ormai arcinote proteine “Spike”, ovvero quelle “punte” che si trovano sulla superficie esterna del coronavirus. E' proprio questa proteina infatti che in qualche modo diventa “l'obiettivo” delle difese dell'organismo dopo la vaccinazione, consentendo di riconoscere le cellule infettate e quindi innescare la risposta difensiva. In questo senso, la strada intrapresa per questo vaccino potrebbe essere più rapida.
Con gli oltre 115 candidati in studio in tutto il mondo, infatti, si sta puntando su strade alternative. Si va dal classico tentando diverse strade, da quella del vaccino inattivato fino a quella che prevede l'impiego di virus influenzali attenuati per scatenare una valida reazione difensiva, passando appunto per tecnologie più fini come quella a RNA (cioè quella di Moderna) o quella che prevede l'utilizzo di un virus “vettore” capace di trasportare gli antigeni del coronavirus all'interno dell'organismo per “presentarli” al sistema immunitario, come sta avvenendo ad esempio nel candidato in studio ad Oxford frutto della collaborazione tra l'italiana Advent del Gruppo IRBM e l'Università inglese.
Vantaggi e svantaggi
La strada scelta da Moderna in collaborazione con i ricercatori del Vaccine Research Center (VRC) presso il National Institute of Allergy and Infectious Diseases (NIAID), che fa parte dell'NIH (National Institute of Health), presenta ovviamente vantaggi ma anche potenziali svantaggi. Tra i primi va sottolineato il fatto che non vengono richiesti passaggi in laboratorio, come ad esempio la necessità di colture dedicate o fermentazione, perché la tecnica prevede semplicemente l'impiego di processi sintetici.
C'è però un fatto da non sottovalutare: l'RNA messaggero che viene tradotto nella proteina codificata non è particolarmente stabile, e questo ha frenato negli anni scorsi lo sviluppo di questa tecnologia di preparazione. Per questo il candidato vaccino studiato da Moderna sfrutta alcune specifiche soluzione tecnologiche che consentono di stabilizzare l'RNA messaggero e quindi renderlo iniettabile, grazie ad un sistema di nanoparticelle. In pratica, quello a cui punta la company d'oltre Oceano con questi sotterfugi tecnologici è rendere possibile questa strategia.
In teoria, questa strada appare estremamente affascinante e non solo per il vaccino per il Sars-CoV-2, visto che potrebbe portare alla messa a punto di proteine in grado di influire direttamente dall'interno delle cellule, più o meno come avviene con la terapia genica. Su questo fronte, nel futuro, la disponibilità di RNA messaggero potrebbe eliminare anche i problemi legati all'impiego di DNA, come avviene in caso di terapia genica: quest'ultimo infatti può integrarsi in modo non sempre prevedibile nel patrimonio genetico dell'ospite.
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