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Visori smart e 3D, effetti speciali in campo per aumentare le vendite

Con l’arrivo di Vision Pro di Apple le marche dovranno ridisegnare le strategie per coinvolgere i clienti: l’economia immersiva potrebbe raggiungere 13 trilioni di dollari entro il 2030

di Giampaolo Colletti e Fabio Grattagliano

Come funziona "Vision pro", il nuovo visore AR di Apple

4' di lettura

Altro che magnifiche sorti e progressive. L’entusiasmo dilagante tra i creator di ogni parte del mondo per il lancio di Vision Pro, il nuovo visore realizzato da Apple per la realtà aumentata e virtuale presentato in pompa magna ad inizio giugno, è stato bruscamente interrotto dalla stroncatura (tutt’altro che inaspettata) di Casey Neistat, uno tra i più popolari youtuber statunitense.

Questo imprenditore quarantaduenne nato in Connecticut, diventato negli anni icona dell’innovazione, ha messo in scena in un video su YouTube un futuro distopico, straniante, addirittura inquietante. Un futuro nel quale gli individui passano la quasi totalità del tempo indossando visori per la realtà virtuale. La sua profezia se la prende nuovamente con Apple per vari motivi, inframezzando con un montaggio evoluto alcuni segmenti di presentazione ufficiale di Apple Vision Pro con alcuni spezzoni del film diretto da Steven Spielberg Ready Player One, uscito nel 2018 e tratto da un romanzo del 2011 incentrato proprio sul futuro distopico. Neistat era già balzato agli onori delle cronache social nel 2003 per il video I-pod’s dirty secret: in pochi minuti accusava il colosso di Cupertino di aver commercializzato l’iPod, il lettore musicale presentato nel 2001, con una batteria non sostituibile e che durava al massimo 18 mesi.

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Neistat non è il solo a schierarsi contro queste innovazioni hi-tech. Ha fatto il giro del mondo la nuova campagna di Nikon, storico produttore di macchine fotografiche digitali, che ha dichiarato guerra ai generatori di immagini artificiali. La campagna Natural Intelligence se la prende con i controversi strumenti di generazione di immagini di intelligenza artificiale come Midjourney, DALL-E, Stable Diffusion. Il visual è incentrato sulla bellezza del mondo naturale e sulla creatività dei fotografi, e le stesse foto esposte sono scattate dagli utenti Nikon. Alcune aziende creative, come Adobe, si sono appoggiate all’intelligenza artificiale integrando l’AI nel loro software di fotografia. Invece il colosso giapponese ha deciso di incoraggiare i fotografi a vedere il mondo attraverso la loro personale lente creativa.

Decriptare il futuro

«Eppure il metaverso con le piattaforme immersive è già qui tra noi, anche se non è ancora distribuito uniformemente. Ma un’economia aperta potrebbe arrivare presto e diventare rivoluzionaria». Così ha scritto qualche mese fa l’Economist, con un titolo eloquente: “non ci prendiamo gioco del metaverso”, per non dare per scontata la fine del metaverso.

D’altronde questa economia immersiva potrebbe raggiungere i 13 trilioni di dollari entro il 2030. A sostenerlo è la ricerca promossa da Citi con il rapporto “Metaverse and money, decrypting the future”. «È una questione di tempo: nel breve il metaverso è perfetto per settori come intrattenimento, moda e lusso, dove si creano anche modelli di business misti, ma diventerà nel tempo anche spazio per settori più tradizionali. Quello che lo contraddistingue è la partecipazione, la presenza di sé ma anche di altre persone. Dimentichiamoci dell’aspetto gaming degli attuali metaversi ed immaginiamoci una serie di ambienti differenti in cui le persone vanno oltre la videoconferenza e il rapporto con gli oggetti diventa reale, superando la pura logica dell’e-commerce, primordiale strumento di contatto tra prodotto e target. Il tutto senza interazione fisica», afferma Lorenzo Montagna, presidente italiano VRAR Association e autore di “Metaverso: noi e il Web3” edito da Mondadori. D’altronde ben sette milioni di utenti sono entrati in questi primi mesi del 2023 in Nikeland su Roblox. Un protagonismo diffuso e per certi aspetti trasversale. A fare da apripista è sempre la generazione Z. «È quasi impermeabile a tv e media classici e ha trovato nelle piattaforme di gaming una naturale evoluzione del social e che ha portato a coniare l’espressione digital hangout, intesa come l’ingresso negli attuali metaversi non solo per giocare, ma anche e soprattutto per incontrarsi, chattare e partecipare ad attività ed eventi insieme», dice Montagna.

Nuovi professionisti in campo

In questo scenario le aziende dovrebbero orientarsi a comprendere questa trasformazione. «È un passaggio culturale essenziale: le organizzazioni dovrebbero interrogarsi sulle loro strategie, costruire un catalogo prodotti dedicato e arrivare per tempo a digitalizzare la loro storia. Quella del builder è una delle nuove professioni che nascono con il metaverso: lo sviluppatore, che è passato dal costruire i siti alle piattaforme di e-commerce e di app mobile, ora diventa architetto di spazi, di esperienze, di attività onlife dagli oggetti ai vestiti e fino agli ambienti», dice Montagna.

Siamo nell’era dell’engagement marketing: in questa nuova fase il coinvolgimento dell’utente, con la relativa battaglia per ottenere la sua attenzione, passa da formati multimediali e interattivi, veicolati su social e piattaforme di ogni tipo. Si cerca così di fare breccia nella testa, nel cuore e soprattutto nel portafogli dell’utente. Perché l’obiettivo è posizionarsi, ma anche vendere: la testata americana Forbes ha evidenziato come le piattaforme immersive siano destinate a incrementare le vendite delle marche. Lo evidenzia il Global Web Index: quasi il 40% degli utenti segue i propri brand preferiti sui social e addirittura il 25% è propenso all’acquisto durante le fasi di interazione più evolute.

Così l’engagement diventa centrale, strategico, contemporaneo, con le marche impegnate a cercare canali più originali, privilegiati, verticali, relazionali.

Are you still there? È quanto ci ricorda furbescamente Netflix nella pratica assai diffusa del binge watching, ossia quando guardiamo programmi e serie tv per un periodo di tempo prolungato e in modo consecutivo, senza soste. Ma dietro quella domanda, apparentemente semplice da comprendere, c’è un sofisticato approccio che si basa sull’ascolto, sull’interazione, sull’analisi dei dati. In un mondo perennemente connesso e distratto, vincere la battaglia dell’attenzione diventa essenziale.

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