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Vite minuscole dal Piemonte anni ’70

di Eloisa Morra

3' di lettura

Da torinese d'adozione non mi sorprendo, quando in risposta al ‘Come stai' di rito sento proferire il motto del piemontese doc: ‘Si tira avanti', emblema del modello di sobrietà che permea l'intera regione. La protagonista dell'esordio di Maddalena Vaglio Tanet, Tornare dal bosco (in dozzina allo Strega, finalista al Flaiano), entra in scena trasgredendo. Invece di tirare avanti, Silvia si tira indietro. Biella, 1970. Pur avendo fatto di tutto per passare inosservata — di mezza età, vive sola, di fianco alla famiglia del cugino — la maestra del paese è finita suo malgrado nell'occhio del ciclone: inevitabile rifugiarsi nel bosco che avvolge Bioglio, a una manciata di chilometri dal capoluogo del tessile. Il motivo dell'improvvisa sparizione è connesso all'indicibile: una sua allieva undicenne, Giovanna, ripetente con un corpo in mutamento, si è suicidata gettandosi nel fiume.
A partire da questi eventi incommensurabili Vaglio Tanet tesse i piani d'un romanzo corale che si muove con disinvoltura attraverso la vita di paese, le sue dinamiche di crudeltà e solidarietà inaspettate, e l'innestarsi della svolta industriale sulla città di provincia, che si trova ad affrontare le sfide della modernità (tanto a livello sociale, con i flussi migratori che seguono lo sviluppo economico, quanto in termini di nuovi assetti famigliari, col dibattito sul divorzio e l'emergere della classe lavoratrice femminile). In mezzo, l'eco di Torino che arriva attraverso le voci di due forestieri, l'undicenne Martino — in trasferta a Bioglio per curare l'asma — e sua madre Lea, bellezza determinata. Le traiettorie di Martino e della maestra s'incroceranno in modo inaspettato quando l'outsider ne scoprirà il nascondiglio, per poi decidere di mantenere il segreto.
Ne nascerà un rapporto di poche parole, ma in grado di scavare un solco nella coscienza di Silvia, puer-senex congelata in un corpo privo di voglie, a suo modo complementare a quello della ragazzina cresciuta suo malgrado troppo in fretta. Attorno ai protagonisti ruotano personaggi che compongono il mosaico di vite minuscole che punteggia questo racconto working class: la famiglia contadina del cugino, Anselmo, burbero buono; quella di Giovanna, ex malgari divenuti operai; i paesani, la loro voglia di sapere e far sapere. Complice il lavoro di Vaglio Tanet come autrice di libri per ragazzi, Tornare dal bosco è stato associato soprattutto alla fiaba, il che ne ha ridotto a una dimensione la portata dell'operazione letteraria. Ci sono sì riferimenti ai Grimm e alle tradizioni folkloriche piemontesi, ma il fiabesco si limita a questo: i personaggi di contorno non sono presentati con le pennellate corsive del Sentiero dei nidi di ragno, Martino non è Pin.
Piuttosto, un parente del ragazzino del Gorgo di Fenoglio (il volto stesso dello scrittore è adombrato nel poeta Gianni, credibile ma nel complesso meno riuscito degli altri personaggi, forse perché non ritratto en plein air) e del protagonista di Verderame. L'altra tentazione critica sarebbe accostare Tornare dal bosco a recenti romanzi montani, “imitazioni d'un ethos — e, di riflesso, uno stile — d'importazione”, ma il libro sfugge alla visione oleografica grazie al suo essere profondamente situato. La lingua attenta alle tessiture sintattiche e alle variazioni ritmiche svela una prolungata frequentazione della nostra tradizione poetica; l'affresco di un'epoca di mutamenti non è dato attraverso posticce intersezioni con la Storia, ma aderendo il più possibile al proprio oggetto: ne sono prova le istantanee delle malghe e del malardriss, lo stanzino dove Silvia stipa ritagli di giornale delle celebrities d'elezione. Il racconto dello smarrirsi della maestra è radicato in un fatto di cronaca che l'autrice ha orecchiato per frammenti sin da bambina. Vaglio Tanet si è trovata, vincendola, davanti alla non semplice sfida del rielaborare materiale realmente accaduto all'interno d'una cornice di finzione.
La vicenda dell'allieva, testimonianza d'una storia di emarginazione linguistica e sociale, ha comportato inevitabili slittamenti (efficace la scelta di render Giovanna un’emigrante dalle valli, non dal Sud, come nella vita vera: la realtà sarebbe risultata stucchevole se tradotta senza mediazioni nella grammatica del romanzo). Tornare dal bosco fotografa anche l'evoluzione dei rapporti tra genitori e figli post '68: è uno dei rari romanzi contemporanei dove i bambini parlano come tali e le madri non sono ingabbiate in stereotipi, il che lo rende già di per sé degno di attenzione.

Maddalena Vaglio Tanet, «Tornare dal bosco», Marsilio 2023

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