da ascoltare: Italian Ice

Viva il New Jersey e il ghiaccio italiano

Un disco quello di Nicole Atkins che è anche il documento della vitalità di una quarantenne che racconta la sua vita da rocker indipendente in bilico fra speranza e disillusione, con storie bizzarre on the road e l'idea che la musica sia salvifica

di Claudio Todesco

Nicole Atkins è nata a Neptune, nel New Jersey, nel 1978.

2' di lettura

La musica di Nicole Atkins è un carnevale di sogni e di incubi. Cresciuta a Neptune City, a pochi minuti di auto dall'Asbury Park di Bruce Springsteen, ha assorbito l'atmosfera festiva e decadente della località balneare dove un tempo i newyorchesi andavano a folleggiare nel fine settimana. «Quando sei lì hai la sensazione che tutto possa accadere», dice. È il senso di possibilità che trasmette Italian Ice, un disco radicato nel passato, ma non retromaniaco.

Somiglia al casinò sul lungomare di Asbury Park: lo scheletro di un'epoca che non c'è più, affascinante, fuori moda e disperatamente romantico. Il disco è anche il documento della vitalità di una quarantenne o poco più che racconta la sua vita da rocker indipendente in bilico fra speranza e disillusione, con storie bizzarre on the road e l'idea che la musica sia salvifica. E anche questo è spudoratamente romantico.

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Il suono di Italian Ice è influenzato dalle canzoni che Atkins ascoltava da piccola. Nel New Jersey le radio prendevano sia le stazioni newyorchesi, con la loro musica urbana e affilata, sia quelle di Philadelphia, più morbide e soul. E poi c'erano i dischi del padre, varchi temporali verso altre epoche. Ecco perché in Italian Ice ci sono echi dei girl group anni Sessanta, della disco music dei Settanta, del country-rock, e pure un bel po' di soul sudista.

L'album è stato registrato non a caso negli studi Muscle Shoals, in Alabama, dove hanno lavorato Aretha Franklin, Wilson Pickett, i Rolling Stones e naturalmente Cher, che volle titolare un suo 33 giri con l'indirizzo della sala, 3614 Jackson Highway. Atkins è l'erede di tutti loro, e di Dusty Springfield e di Roy Orbison e di tutti gli amanti irriducibili delle canzoni di un tempo svanito e mitizzato.

Oggi Nicole Atkins vive a Nashville, ma non ha smesso di cantare il Jersey Shore. Ai tempi dell'esordio del 2007 chiamato Neptune City intonava canzoni d'amore ai suoi ex e alla sua città come se fra le due cose non ci fosse grande differenza. Tre anni fa, in I Love Living Here (Even When I Don't), descriveva una città malconcia, messa in ginocchio dalle rivolte razziali, dalla crisi economica, dall'uragano Sandy. In Italian Ice, Atkins è più leggera, disincantata e felice, ma determinata a raccontare storie di cadute e risalite con la sua voce profonda, elegante ed elastica. Ed eccola che, nell'ultima canzone intitolata In the Splinters, urla in faccia all'uragano Sandy che quello non è un buon giorno per morire. E il bello è che non suona tragica, né disperata, ma euforica e contagiosa.

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