il mondo che verrà / 16

W la libertà e anche gli open space

Ci servirà uno sforzo colossale per ricostruire il valore e la pratica di quella libertà che abbiamo riscoperto durante la quarantena, dopo averla data per scontata: non basta essere liberi da soli, la libertà adulta è responsabile, condivisa e solidale

di Salvatore Carrubba

Bologna, quartiere Fossolo, Aprile 2020 Un bambino e un padre giocano sul tetto del condominio durante il lockdown. «Per me il mondo che verrà sarà esattamente come la situazione che stiamo vivendo ora, che mi sembra già un salto incredibile nel futuro, un'accelerazione», dice Martino Lombezzi, autore della foto

2' di lettura

Ci hanno talmente sfiniti, che ce ne siamo convinti: nulla sarà più come prima. Ma non esageriamo. Io nel nostro mondo di prima – sano, ricco, libero e aperto – ci stavo benissimo, e ci voglio tornare. Ci avevano sfinito dicendo che era l'età dei diritti e ci siamo scoperti a sospirare per il diritto a mettere il naso fuori dalla porta. Negli ospedali, la nostra libertà primaria, quella alla vita, è stata vincolata alla disponibilità dei posti letto. Ci avevano sfinito affermando il bene supremo della privacy.

E ci scopriamo sottoposti alla prospettiva di essere sorvegliati a ogni passo. Lo scopo è nobile, certo. Ma l'esito incerto. Dovremo darci da fare, insomma, per combattere l'eredità peggiore che, col dolore per chi se n'è andato, il Coronavirus ci lascerà: la prospettiva di un mondo più povero, sorvegliato, egoista e asserragliato.

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E per affrontare la doppia scelta evocata da Yuval Noah Harari: tra sorveglianza totalitaria e rafforzamento della cittadinanza, da un lato, e tra isolazionismo nazionalista e solidarietà globale, dall'altro. Ci servirà uno sforzo colossale per ricostruire il valore e la pratica di quella libertà che abbiamo riscoperto durante la quarantena, dopo averla data per scontata: non basta essere liberi da soli, la libertà adulta è responsabile, condivisa e solidale.

E dovremo riflettere sulle dicotomie con le quali abbiamo cominciato a fare i conti: potere contro libertà; Stato contro mercato; bip contro atomi. Perché anche la riduzione dei rapporti sociali, a partire dal lavoro, è una trasformazione antropologica che, isolando ogni uomo e ogni donna nella sua tana informatica, rischia di renderlo una perenne marmotta. Viva dunque il lavoro “di prossimità”, e gli open space dove, fra un litigio e un pettegolezzo, qualcuno può offrirci la miccia per un'idea. Un cittadino più adulto e maturo (e sano, naturalmente), una democrazia più forte e partecipata, una libertà più responsabile e consapevole, un welfare più intelligente ed efficiente: lo voglio così il futuro che ricostruiremo quando ci daranno il “liberi tutti”.

Lasciateci liberi, e siamo pronti a scattare: migliori non so, ma più responsabili certamente. Napoli, aprile 2020. Sara si affaccia dalla finestra di casa nostra «Anche se ci sembra di vivere la notte più buia e lunga della nostra vita, Pessoa ci ricorda che non si è mai veramente soli perché si è sempre in presenza di se stessi. Bisogna cogliere l'opportunità che la costrizione ci offre: finché le case avranno finestre, ci si potrà sempre affacciare per guardare fuori. La consapevolezza di noi stessi, e il nostro bisogno ancestrale di interconnessione, ci consentirà – una volta tornati alla vita di comunità che davamo per scontata – di sapere vivere meglio con gli altri», dice Cipriano.

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