Welfare aziendale per aiutare i lavoratori caregiver
L’età media della popolazione si alza ma mancano strumenti a supporto di chi svolge un’attività e al contempo si prende cura di una persona
di Matteo Prioschi
I punti chiave
- Tempo e soldi
- Spazio per le iniziative aziendali
3' di lettura
In Italia aumenta l’età media della popolazione, cresce la domanda di assistenza per persone anziane ma risorse e strumenti pubblici sono insufficienti, riversando sulle famiglie il peso della cura, in termini economici e di tempo. In questo contesto ci sono spazi di crescita per il welfare aziendale, a oggi poco sviluppato e conosciuto.
Jointly e Boston consulting group hanno realizzato uno studio focalizzato sui bisogni dei caregiver lavoratori, cioè di chi, oltre ad avere un’attività lavorativa, si prende cura di un altro individuo. Si tratta di circa 7 milioni di persone, che in quattro casi su cinque si occupano di genitori o parenti anziani e in un caso su tre lo fanno per più di 14 ore alla settimana, dedicando questo tempo non tanto a necessità sociosanitarie quanto per aiutare a gestire l’abitazione, spostarsi, fare compagnia.
Tempo e soldi
Ne deriva un fabbisogno in termini di servizi e risorse economiche coperto, secondo lo studio, solo al 5% dai sussidi pubblici. Nel 38% dei casi, i caregiver (base di riferimento dello studio, 12mila lavoratori) hanno dichiarato di fare affidamento solo sulle risorse proprie, il 25% si appoggia al settore pubblico, il 33% a quello privato, il cui costo rappresenta un limite inaccessibile a sei caregiver su dieci.
Le priorità per queste persone sono la gestione del tempo e l’aspetto finanziario. In molti casi è emersa la necessità di ridurre le ore dedicate al lavoro, tramite part time (desiderato dall’11% del campione) o aspettativa almeno in parte retribuita (28%). Oltre a ciò sono ritenuti utili lo smart working e la flessibilità in termini di turni agevolati ed elasticità di orario. Sul fronte dell’impegno economico, la defiscalizzazione dei pagamenti alle badanti potrebbe aiutare la regolarizzazione dei contratti, mentre la diffusione delle polizze long term care dovrebbe essere favorita.
Spazio per le iniziative aziendali
I caregiver non trovano al momento particolare supporto nemmeno nel welfare aziendale, in alcuni casi assente, in altri poco conosciuto o ritenuto non utile, tant’è che solo il 3% degli intervistati ha affermato di utilizzarlo. Inoltre spesso (38% dei casi) non parlano della loro situazione sul luogo di lavoro, mentre chi lo ha fatto nella metà dei casi si è sentito poco compreso e nell’altra metà ha percepito sostegno da parte dei responsabili.
Tuttavia le best practice si basano proprio sull’effettuazione di sondaggi periodici con cui viene chiesto ai dipendenti quali sono i servizi di maggiore interesse o utilità e su indicazioni su come orientarsi tra i servizi che vengono messi a disposizione dall’azienda.
Inoltre le aziende intervistate hanno evidenziato alcuni servizi che i fornitori di welfare potrebbero mettere a disposizione: sportelli di orientamento per la scelta dei servizi e nella gestione della burocrazia; segnalazioni di strutture specializzate; sviluppo di network che consentano ai caregiver di scambiarsi opinioni sulle esperienze fatte nella fruizione di servizi in modo da poter decidere al meglio.
«Quello che emerge dal sondaggio – secondo Francesca Rizzi, Ceo e cofounder di Jointly – è l’importanza del ruolo che il welfare privato può ricoprire nel fornire servizi e soluzioni utili a supportare i lavoratori caregiver anche dal punto di vista logistico-amministrativo, creando partnership sul territorio con gli enti pubblici per far fronte alle carenze del servizio sanitario nazionale. Alla luce di quanto previsto non solo dal recente disegno di legge “anziani”, ma anche dal disegno di legge delega per la semplificazione dei procedimenti amministrativi crediamo fortemente che anche il welfare aziendale possa dare un contributo importante, in termini di soluzioni innovative per facilitare il supporto alla cura e alla conciliazione, al fine di migliorare le condizioni di vita e lavorative dei caregiver familiari».
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