Welfare, l’irresistibile ascesa delle spese per l’assistenza
di Davide Colombo
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Se i numeri sulle pensioni confermano gli effetti positivi, in termini di stabilizzazione della spesa, conseguiti grazie alle ultime riforme, è la corsa dei trasferimenti assistenziali a preoccupare: 110,15 miliardi di euro nel 2017 (+26,65 miliardi dal 2012) destinati a lievitare a 120 miliardi quest’anno con l’attuazione del reddito e delle pensioni di cittadinanza.
Con il passare degli anni crescono le cifre e si rafforza il punto di vista di Alberto Brambilla sugli squilibri del welfare italiano.
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L’esperto di previdenza più ascoltato da Matteo Salvini - a tutt’oggi è consigliere economico di palazzo Chigi - che ha abbandonato con clamore il tavolo dove si son scritte le regole per “quota 100” e RdC, ha presentato in Parlamento il sesto bilancio sul sistema previdenziale (sull’anno 2017) realizzato dal suo think thank, “Itinerari previdenziali”.
Il nostro sistema di protezione sociale, letto con i numeri di questo report, avrebbe raggiunto un’insostenibile pesantezza proprio a causa dei trasferimenti assistenziali, che negli aggregati proposti comprendono anche la spesa per sanità ma non i trasferimenti degli enti locali. Brambilla, che ora non corre più neanche per la presidenza Inps, resta uno degli assertori più assidui della necessità di una separazione contabile tra la spesa per pensioni e quella per assistenza; un cavallo di battaglia che da decenni accompagna il policy making senza modificarne la direzione.
«Dal 2013 al 2017 - spiega Brambilla -, al netto dell’assistenza, la spesa pensionistica ha fatto registrare un aumento medio dello 0,88%, evidente sintomo del fatto che le riforme varate in questo periodo, pur non esenti da criticità, hanno colto l’obiettivo fondamentale di stabilizzarla. A preoccupare sono piuttosto i numeri dell’assistenza che, peraltro, in assenza di un contributo di scopo, è totalmente a carico della fiscalità generale».
Numeri in salita, come si diceva: in sei anni, tra il 2012 e il 2017, il tasso di crescita dei trasferimenti assistenziali è stato pari al 5,32%, un incremento superiore alla crescita del Pil e che vale oltre il 65% della spesa pensionistica al netto dell'Irpef.
Secondo “Itinerari previdenziali” è “un falso mito” che l’Italia spenda poco per il welfare: la spesa per prestazioni sociali nel 2017 è arrivata a 453,87 miliardi (+0,4% sul 2016; +6,18% rispetto al 2012). Sul totale della spesa pubblica (compresi gli interessi sul debito) le prestazioni sociali incidono per il 54,01%. Non solo, se si rapporta, da un lato, la spesa sociale alle effettive entrate contributive e fiscali e, dall’altro, si tiene conto anche di tutte le funzioni sociali e delle spese di funzionamento degli enti che gestiscono il welfare a livello centrale e locale, la spesa sociale rispetto al Pil si attesta al 30% circa, uno dei livelli più elevati dell’Europa a 27 Paesi. «Una spesa ingente che - secondo le stime Itinerari Previdenziali (in questo caso riferite al 2016, in assenza dei dati sulle entrate tributarie relativi al 2017) - richiede per essere finanziata, oltre a tutti i contributi sociali, quando previsti, tutte le imposte dirette (Irpef, Ires, Irap e Isos) e almeno altri 7,68 miliardi cui attingere attraverso imposte indirette».
Brambilla aveva proposto al governo di varare una sorta di spending review su questa spesa partendo dall’attivazione di un Casellario centrale dell’assistenza in Inps. Secondo le sue stime si potrebbe migliorare l’allocazione di questi trasferimenti e risparmiare 5 miliardi annui. Ma il governo ha preso una strada diversa. “Itinerari previdenziali” non valuta i nuovi provvedimenti analiticamente ma osserva che potrebbero interrompere sia la riduzione del numero delle pensioni sia il miglioramento del rapporto attivi/pensionati, con un incremento nel numero dei pensionati di oltre 300.000 unità, senza alcun elemento equitativo nel calcolo della pensione. E un aumento della spesa assistenziale di oltre 8 miliardi «cui non si accompagnano peraltro incentivi a favore di lavoro e produttività».
Il rischio concreto - sono le conclusioni - è che la spesa assistenziale superi quest’anno i 120 miliardi di trasferimenti: «una prospettiva “pericolosa” - dice Alberto Brambilla - in assenza non solo di un’efficiente macchina organizzativa e di controllo, ma anche alla luce del rallentamento dell'economia del Paese.»
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