il caso

WeWork e le altre: governance e trasparenza tradiscono le regine della new economy

Crisi di management e governance nelle società della new economy e Internet, spesso cresciute velocemente, sono finite sotto i riflettori con frequenza in questi anni: sfide aperte da una miscela di successo e eccessi e spesso rimaste troppo a lungo irrisolte

di Marco Valsania

(Epa)

4' di lettura

New York - La spettacolare crisi di management e governance di WeWork e' sotto gli occhi di tutti: ribaltamento al vertice, con le dimissioni del chief executive e co-fondatore Adam Neumann perseguitato da confitti di interesse. Collocamento azionario iniziale rinviato a data da destinarsi. Voci che si rincorrono su licenziamenti di un terzo e forse di fino a meta' dei 15.000 dipendenti, capolinea di un'espansione a rotta di collo che l'ha vista assumere novemila persona in due anni e accumulare perdite stratosferiche. Un investimento da dieci miliardi di dollari nel gruppo da parte della finanziaria giapponese SoftBank che, dopo aver gonfiato a dismisura le valutazioni del gruppo e l'ego di Neumann, adesso potrebbe andare in fumo, svalutato di chissa' quanto. E perplessita' sulle chanche che le svolte in extremis adesso decise - dal declassamento di Neumann alla riduzione del suo potere di voto - basteranno a riscattarne l'immagine.

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WeWork, cosi' raccontata, appare un caso estremo: solo di recente aveva provveduto anche a nominare la prima donna nel board piegandosi a appelli a una diversita' minima - la figura femminile piu' influente era la moglie di Neumann, Rebekah, a sua volta ora costretta a farsi da parte dimettendosi da ogni incarico a cominciare da Ceo della controllata WeGrow. Ma crisi di management e governance nelle societa' della new economy e Internet, spesso cresciute velocemente, sono in realta' finite sotto i riflettori con frequenza in questi anni, sfide aperte da una miscela di successo e eccessi e spesso rimaste troppo a lungo irrisolte. Riflettono inadeguati meccanismi di controllo e garanzia dell'indipendenza dei consigli d'amministrazione, che non tengono il passo con le ambizioni esponendo le aziende a scandali e controversie a volte letali. I grandi marchi che con diversa fortuna o sfortuna hanno fatto o stanno tuttora facendo esplicitamente i conti con simili terremoti e polemiche, con accuse di supervisione mancata e board compiacenti e inguaribilmente omogenei, vanno da Uber a Tesla, da Theranos a Facebook. E l'elenco minaccia sempre di allungarsi.

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Uber
La crisi del leader del ride-sharing ha alcune chiare similitudini con quella di WeWork. In gioco finirono gli eccessi del fondatore e chief executive officer Travis Kalanick e un board troppo succube. Le sue dimissioni arrivarono nel 2017, al termine di una spirale di scandali su una cultura aziendale criticata come non etica e caratterizzata da abusi. Tra le accuse rivolte anzitutto a Kalanick, l'aver ignorato e insabbiato denunce di molestie sessuali; l'aver maltrattato guidatori dei suoi taxi alternativi; e l'aver perpetuato comportamenti ultra-aggressivi. Kalanick rimane socio e membro del board del gruppo. Le riforme istituite dopo la sua retrocessione hanno tuttavia ridotto i diritti di voto e quindi il potere suoi e degli iniziali investitori. Il neo-amministratore delegato al quale e' stato affidato il rilancio puo' essere rimosso solo con una maggioranza qualificata di due terzi del consiglio.

Tesla
Elon Musk e i suoi collaboratori hanno spesso coltivato controversie. Musk fini' nei guai soprattutto per accuse di manipolazione del mercato e scarsa trasparenza, quando con un suo tweet un anno fa affermo' di avere i fondi per togliere l'azienda dalla Borsa. Non era cosi' e la Sec apri' u'inchiesta conclusasi con un patteggiamento che impose una multa da 20 milioni ciascuno a Musk e Tesla e che prevede la supervisione di tweet di Musk. Musk ha anche accettato di lasciare la poltrona di presidente per migliorare la governance. Il board, a lungo criticato come inefficace e succube, con l'obiettivo di esercitare un maggior controllo su Musk e i vertici, ha cambiato quest'anno quattro dei suoi membri. Tesla ha tuttavia dovuto fare i conti nell'ultimo anno anche con costanti fughe di top executive e di dipendenti senior e difficolta' a rispettare gli obiettivi di produzione e consegna dei veicoli.

Facebook
Facebook e' finito sotto i riflettori per accuse di violazione della privacy ed e' sotto inchiesta di autorita' antitrust. Ma anche la sua governance e struttura di vertice hanno suscitato intensi dibattiti nonostante le promesse di miglioramento. Nel mirino e' anzitutto l'enorme grado di controllo che il fondatore e Ceo Mark Zuckerberg mantiene, che lo mette al riparo nei fatti da rischi di essere ostacolato dal board. La scarsa trasparenza e la concentrazione di potere avrebbero contribuito secondo gli esperti alla sottovalutazione o errata risposta alle preoccupazioni sulla protezione dei dati dei consumatori come sulla gestione del contenuto delle sue piattaforme, afflitto da manipolazione di informazioni e campagne elettorali e dalla diffusione di materiale razzista e suprematista. Nei mesi corsia S&P Dow Jones Indeces ha escluso Fb dal suo indice di aziende socialmente responsabili citando bassi punteggi quando si tratta di aspetti sociali e di governance. In quest'ultimo ambito ha ricevuto soli 6 punti in una scala che arriva fino a cento.

Theranos
La societa' di tecnologie per la sanita' e' fallita ma la sua storia rimane una parabola di irregolarità. Fondata a guidata da Elizabeth Holmes, aveva rivendicato l'invenzione di una tecnologia per compiere sofisticati esami del sangue con il prelievo di pochissime gocce di sangue. Grazie a questo aveva rastrellato 700 milioni dal venture capital e firmato contratti con grandi corporations. Peccato che non era vero: la scoperta che gli esami venivano invece eseguiti usando metodi tradizionali e che la rivoluzionaria tecnologia di Theronas non funzionava avvenne grazie a un'inchiesta giornalistica del Wall Street Journal, che fu seguita da una pioggia di ricorsi legali e inchieste delle autorità. Nata nel 2003, dopo aver raggiunto una valutazione da dieci miliardi di picchi nel 2013 e 2014, la societa' chiuse definitivamente i battenti nel settembre del 2018. Holmes dovrebbe finire sotto processo per truffa a partire dal luglio 2020.

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