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Whistleblowing, la consulenza fa già rotta sulle piccole aziende

Le segnalazioni. Appena archiviata la scadenza del 15 luglio scorso per realizzare la piattaforma interna nelle realtà oltre i 250 lavoratori, ora da costruire il percorso web e le policy per le Pmi in vista di dicembre

di Massimiliano Carbonaro

(ttonaorh - stock.adobe.com)

3' di lettura

Finora per giuslavoristi e penalisti le nuove regole sul whistleblowing hanno comportato solo lievi aggiustamenti. La normativa che impone alle imprese di predisporre un canale di segnalazione degli illeciti è operativa dal 15 luglio per le realtà con più di 250 dipendenti, per quelle operanti in alcuni specifici settori e per la Pa. Ma il difficile arriva adesso, sia per la partita relativa alle segnalazioni che ora potrebbero arrivare, sia per la consulenza alle aziende più piccole in vista della scadenza di dicembre.

In questa prima fase le imprese interessate erano spesso gruppi internazionali, aziende quotate, grandi soggetti già strutturati in questo senso. Il lavoro dei legali ha riguardato l’aggiornamento del regolamento aziendale sulle segnalazioni protette e della piattaforma web. La nuova normativa richiede una modalità online per le segnalazioni. Così i consulenti hanno esaminato l’Intranet aziendale e lo hanno adattato. «Il nostro consiglio – commenta Cesare De Falco, partner di Orsingher Ortu – è di costruire la finestra relativa alla segnalazione in modo da guidare il segnalante nella sua predisposizione per far sì che sia circostanziata e per aiutare chi la riceve a valutarne la fondatezza ed eventualmente decidere di avviare le indagini».

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Le prossime tappe

Dopo l’estate al centro dell’attività degli studi ci saranno le piccole realtà che spesso non hanno nessuna policy interna, nessuna piattaforma adeguata e probabilmente neanche nessuna cultura in questo senso. Per Marcella de Trizio, partner ArlatiGhislandi, il problema immediato è l’istituzione del canale di segnalazione: «Deve possedere – spiega – la caratteristica della riservatezza. Spesso s’intreccia con i modelli di organizzazione e gestione della 231. Noi consigliamo di mantenerlo interno. Occorre individuare anche un responsabile delle segnalazioni, e qui si può affidare questo ruolo non all’organismo di vigilanza ma all’ufficio del personale». La nuova normativa richiede formazione interna, aggiornamento organizzativo e implementazione dei sistemi. Per Marco Dal Ben, partner di Lead Studio Legale, esperto di diritto penale dell’economia, non mancano le contraddizioni perché le segnalazioni devono essere anonime. «La segnalazione – commenta – è efficace quanto più è dettagliata. Ma più è dettagliata più è riconoscibile l’autore. Se la segnalazione è troppo generica, invece, è destinata a essere cestinata».

C’è preoccupazione anche per gli abusi. In modo quasi automatico il whistleblower ha una serie di tutele per evitare ogni ritorsione. Questo potrebbe portare al rischio di comportamenti pretestuosi da parte dei segnalanti. Sul tema l’Anac ha pubblicato delle linee guida che indicano anche come gestire le segnalazioni ricevute. Per le imprese è questa la tematica più complessa. Secondo Attilio Pavone, managing partner di Norton Rose Fulbright Italia per le imprese sotto i 250 dipendenti servirebbe una campagna di informazione. «Le più grandi bene o male sono a posto – commenta –, mentre le realtà più piccole richiedono maggiore attenzione. Per tutti occorre definire cosa si fa delle segnalazioni, cosa succede al dipendente, chi è il responsabile della procedura, come effettuare i riscontri e le investigazioni». Nei prossimi mesi bisognerà capire come verranno valutati i sistemi messi in atto e l’organizzazione interna predisposta. «Temo – commenta Andrea Puccio, fondatore dello studio Puccio Penalisti Associati – che le piccole non provviste del modello 231 avranno grandi difficoltà. Non dispongono di risorse interne formate e deputate alle segnalazioni. Per molte aziende sarà necessario uno sforzo ulteriore».

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