«Who wants a stylus?», dai telefonini agli e-reader ecco la rivincita del pennino
Negli anni, l'esplosione delle penne a corredo di svariati oggetti tecnologici è stata concreta. Nonostante le previsioni del fondatore della Apple Steve Jobs
di Antonino Caffo
3' di lettura
Durante uno dei suo famosi keynote, nel 2007, Steve Jobs aveva liquidato l'argomento del pennino digitale con un perentorio “Who wants a stylus?”. Era il tempo del primo iPhone con un display multitouch capacitivo, ossia capace di ricevere input da più di un tocco sullo schermo contemporaneamente, a differenza dei competitor di allora che erano fermi al touch singolo. Il pennino, per Jobs, non serviva. Nel 2015, anche Apple deve capitolare al fascino della biro senza inchiostro, con l'arrivo della Pencil a supporto dell'iPad Pro. Da accessorio denigrato a rivisitazione di un classico per le generazioni sempre connesse, il pennino è stato un oggetto su cui qualche azienda ha sempre puntato, ad esempio Samsung, e che altre hanno scoperto solo di recente, come Amazon che lo ha portato a bordo del Kindle Scribe, primo ebook reader del colosso dell'e-commerce che fa anche da taccuino.
La stessa Samsung ci aveva scommesso ben prima della S Pen quando, nel 2008, affiancava il pennino allo smartphone Omnia, con sistema operativo Windows Mobile e votato ad un utilizzo business. Nel tempo la storia non è cambiata, con la fortunata serie dei Galaxy Note, che facevano del pennino un marchio distintivo e la declinazione della S Pen lungo tutto l'ecosistema mobile dello chaebol coreano, dai tablet ai notebook. E siamo ai giorni nostri: dopo l'addio ai Note, Samsung non poteva lasciare i fan privi della biro digitale, integrandola nelle versioni Ultra del Galaxy S22 prima e del Galaxy S23 poi, nome diverso per definire quelli che, di fatto, sono i successori dei Note. Peraltro, proprio Samsung ha sdoganato l'uso del pennino su uno smartphone pieghevole, lo Z Fold 3 e poi 4, ampliando così le modalità di interazione.
La novità in casa Amazon è Kindle Scribe, disponibile da fine dicembre e con l'ausilio di un pennino, in doppia veste. C'è la penna basic e quella premium, che in più è dotata di un gommino superiore, quasi come fosse una vera matita, con cui “cancellare” gli appunti presi. Qui le possibilità di creatività sono limitate dalla presenza di uno schermo che non è a colori ma che, da tradizione Kindle, è costruito apposta per essere amico della vista, durare settimane e permettere lettura e scrittura pure con poca luce, grazie alla sua retroilluminazione. Oltre ai taccuini in sé, la penna torna utile per appuntare note sui libri che si sta leggendo o sui file pdf inviati da altri dispositivi, con l'app Kindle. C'è da dire che Amazon non si è inventata nulla: già da tempo altre aziende avevano sposato l'idea della tavoletta super fine, buona per sostituire agende e quaderni. Tra queste Remarkable, che su una solida campagna social ha fondato il suo successo. Hardware che spinge i servizi: se da un lato Amazon punta su piani in abbonamento per accedere a titoli gratuiti ogni mese, Remarkable chiede un piano mensile per sincronizzare i contenuti tra device e utilizzare funzionalità extra.
Negli anni, l'esplosione delle penne a corredo di svariati oggetti tecnologici è stata concreta. I già citati iPad e Galaxy Tab ma anche i Surface di Microsoft, le iterazioni dei Matepad di Huawei e le proposte verticali di Wacom. Marchi differenti, che hanno dato vita alle proprie idee di biro, diverse per forme e colori, ma identiche nel saper restituire alle persone tutta l'energia che un foglio bianco può trasmettere. Anche se fatto solo di bit.
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