Wikileaks, la Corte di Londra ordina l’estradizione negli Usa per Julian Assange
Spetta ora alla ministra degli Interni, Priti Patel, dare il via libera finale. Negli Usa l’attivista australiano rischia una pesante condanna per aver contribuito a diffondere documenti riservati su presunti crimini di guerra Usa in Iraq e Afghanistan
I punti chiave
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La Westminster Magistrates Court di Londra ha emesso l’ordine formale di estradizione negli Usa per Julian Assange. Salvo un ricorso dell’ultimo minuto presso l’Alta Corte, spetta ora alla ministra degli Interni, Priti Patel, dare il via libera finale.
Negli Usa l’attivista australiano rischia una pesantissima condanna per aver contribuito a diffondere documenti riservati su presunti crimini di guerra Usa in Iraq e Afghanistan.
L’udienza di sette minuti
L’ordine di estradizione nei confronti del fondatore di Wikileaks è stato emesso durante una breve udienza, durata solo sette minuti, dal giudice Paul Goldspring. «In parole povere, ho il dovere di inviare il caso al ministro per una decisione», ha affermato il magistrato.
Assange non era presente in aula ma collegato in videoconferenza dal carcere londinese di massima sicurezza di Belmarsh dove è rinchiuso da tre anni.
Spetta a Patel la decisione finale sull’approvare il trasferimento negli Usa, che appare scontata se si pensa agli stretti rapporti di Londra con l’alleato americano.
Possibile ricorso all’Alta corte
È infatti del tutto improbabile che possa negarla ad esempio per una questione relativa ai diritti umani. Resta la possibilità da parte dei legali di Assange di un ricorso all’Alta corte di Londra. Le probabilità di successo sono però ridotte al minimo dopo il lungo iter legale della magistratura britannica e soprattutto il fatto che il mese scorso la Corte suprema si era rifiutata di riesaminare il caso.
Le proteste degli attivisti
Fuori dal tribunale di Westminster alcuni attivisti di Wikileaks hanno protestato chiedendo di non estradare l’attivista negli Usa. Assange era riuscito a sposarsi il 23 marzo in carcere con l’avvocatessa sudafricana Stella Morris, la compagna che gli ha dato due figli durante il periodo d’asilo nell’ambasciata ecuadoriana, oggi presente all’udienza nello spazio dedicato al pubblico.
Amnesty: minaccia alla libertà di stampa
A seguito della decisione della Corte dei magistrati di Londra di emettere un ordine di estradizione nei confronti di Julian Assange, Amnesty International ha dichiarato che un'eventuale sua approvazione da parte della ministra dell'Interno Priti Patel - attesa entro il 18 maggio - violerebbe il divieto di tortura e costituirebbe un precedente allarmante per pubblicisti e giornalisti di ogni parte del mondo.
«Il Regno Unito è obbligato a non trasferire alcuna persona in un luogo in cui la sua vita o la sua salute sarebbero in pericolo. Il governo di Londra non deve venir meno a questa responsabilità. Gli Usa hanno palesemente dichiarato che cambieranno le condizioni di detenzione di Assange quando lo riterranno opportuno. Questa ammissione rischia fortemente di procurare ad Assange danni irreversibili al suo benessere fisico e psicologico», ha dichiarato Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International.
«L'estradizione di Assange avrebbe conseguenze devastanti per la libertà di stampa e per l'opinione pubblica, che ha il diritto di sapere cosa fanno i governi in suo nome. Diffondere notizie di pubblico interesse è una pietra angolare della libertà di stampa. Estradare Assange ed esporlo ad accuse di spionaggio per aver pubblicato informazioni riservate rappresenterebbe un pericoloso precedente e costringerebbe i giornalisti di ogni parte del mondo a guardarsi le spalle», ha aggiunto Callamard.
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